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Contributi del gruppo - Il sentimento del ricordo (di Gianluca Pieri) |
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9/1/03 |
Il sentimento del ricordo[1] Il sentimento che si origina all´interno dell´individuo quando egli si rapporta con l´esterno, è stato spesso vissuto come una emozione contrassegnata da angoscia e insofferenza. Tale "naturale" "insofferente separazione" è stata tuttavia rielaborata "culturalmente" dall´essere umano in espressione della propria personalità, del proprio spirito. Il vuoto diviene in tal modo sorgente della propria espressione artistica. Passavo ore di fronte a una foglia o a una mano per capirle cioè per valicare il limite o la satura dove io termino e cominciava l´altro: la foglia, il tronco. Non pensavo direttamente a Dio, ma all´Altro, cosa molto più importante per me.[2] La poesia, in senso generale, contenuta in ogni forma artistica, può divenire il mezzo per cancellare tale sutura che separa l´Uomo dall´Altro; la poesia, la poeticità nel/del guardare diventa il mezzo (uno dei tanti mezzi) per valicare il limite ed "aprire le porte della percezione" del proprio cuore. MEMORABILE APPARIZIONE I Profeti Isaia ed Ezechiele desinavano con me, ed io chiesi loro come osavano con tanta sicumera affermare che Dio aveva loro parlato; [...] Isaia rispose: «Io non ho visto né udito alcun Dio, nel senso d´una percezione finita dei miei organi; ma i miei sensi in ogni cosa scoprivano l´infinito [...]» Non appena al cherubino con la spada fiammante sarà ordinato di smontare la guardia dall´albero della vita, subito l´intero creato sarà consumato e apparirà infinito e sacro, mentre ora non appare che finito e corrotto. Avverrà ciò per via d´un progredire del godimento sensuale. [...] Se si pulissero le porte della percezione, ogni cosa apparirebbe all´uomo come essa veramente è, infinita. Poiché l´uomo s´è da se stesso rinchiuso, fino a non vedere più le cose che attraverso le strette fenditure della sua caverna. [William Blake] La Percezione come attività conoscitiva. L´oggetto che viene percepito come esterno può essere considerato come una entità effettivamente separata da noi, ma può essere considerato anche come qualcosa che interagisce "affettivamente" con l´individuo. Non solo nell´arte, ma anche in ambito filosofico, il "problema della percezione", dell´accettazione, del riconoscimento dell´oggetto esterno è stato centrale poiché riguarda la collocazione dell´uomo nell´universo, ma anche la collocazione, l´individuazione dell´universo che è nell´uomo.
Che
il corpo mio di specchio
L´homo fatto
d´universo [Antonio Botticelli] Accennando brevemente ad alcuni di quei filosofi[3] che mettono in rilievo il percepiente (il soggetto) rispetto al percepito (l´oggetto) si deve considerare innanzi tutto Telesio. Il filosofo affermava che la percezione è la sensazione delle proprie passioni e mutazioni; la percezione consiste sia nell´azione delle cose che nella modificazione dello spirito. Da Telesio in poi si crea un filone di filosofi che, seguendo più o meno le sue idee, interpretano la percezione come attività conoscitiva della propria "interiorità". Cartesio, ad esempio, suddivide la percezione: in quanto rapporto con gli oggetti esterni; in quella interiore che rapporta l´individuo all´anima; e infine quella "di mezzo", in altri termini una percezione con la quale mi rapporto con il corpo[4]. E´ fondamentale l´apporto di Cartesio che parlando di percezioni esterne afferma che per quanto esse siano prodotte da movimenti provenienti dall´esterno, noi le riferiamo alle cose che supponiamo essere loro le cause, "in modo tale da credere di vedere la torcia udire la campana, quando invece sentiamo i movimenti che vengono da esse". Percepire l´esterno è in un certo senso come ascoltare la musica la quale si avvale di vibrazioni e risonanze, in tal modo, tale azione diviene un atto complesso che include una molteplicità di sensazioni, presenti e passate, nonché il loro riferimento all´oggetto; in altre parole la percezione diviene un atto giudicativo, in cui viene a istaurarsi un giudizio, un apporto interpretativo del soggetto[5]. Si deve menzionare inoltre l´apporto di Valentin Weigel, scrittore mistico che derivò le sue riflessioni da Paracelso e dalle idee alchemiche. Tralasciando le implicazioni religiose, Weigel si interrogò sulla percezione delle cose sensibili, e sul confronto che esse intrattengono col soggetto. Nella percezione naturale ci devono essere due elementi: l´oggetto o controparte, che deve essere percepito o osservato tramite lo strumento; e lo strumento o percettore, l´organo di senso che ci mette in relazione con l´oggetto, ad esempio gli occhi. Ora ci si chiede la percezione fluisce dall´oggetto nell´occhio o è il giudizio, la percezione che fluisce dagli occhi all´oggetto?[6] Weigel sostiene che ogni uomo vede secondo i propri occhi, quindi, la percezione non può avere origine dalla controparte. La conoscenza non può provenire dall´esterno, ma può essere solo risvegliata, "indiziata", dall´esterno all´interno dell´uomo.
Dentro di me il
mare [A.B.] Le teorie più recenti lungi dall´aver dato una soluzione, hanno confermato la gravosa soluzione del "problema della percezione". Tali teorie, tuttavia, affermano il carattere attivo e di selezione della percezione, la quale si avvale di indizi, in base ai quali si ricostruisce il significato dell´oggetto. Prendendo in prestito i termini dalla semiologia, il significante, il suono esterno dell´oggetto, diviene in me significato, per esser poi ritrasformato da me, verso l´esterno, in significante.
Finestra
illuminata [A.B.] «La percezione è costituita da probabilità». Questo è stato sottolineato dal funzionalismo, chiamato New Look. Quest´ultimo con la "Teorie dello stato direttivo" afferma che il riconoscimento dell´oggetto esterno è influenzato dai bisogni primari o corporei, dalle aspettative dell´individuo, e dalla personalità. Tutto ciò conferma come la percezione abbia origine fondamentalmente dall´individuo.
Che il provenir
da fuori [A.B.]
Esiste anche una seconda teoria, detta delle "ipotesi" la quale afferma che le percezioni costituiscono ipotesi che l´organismo avanza in determinate situazioni, confermate, abbandonate o modificate dalla situazione stessa; da tale teoria si può dedurre che la percezione ha inizio dal soggetto e l´esterno è solo uno specchio che tende a variare, a confermare, ad abolire le mie ipotesi. Le ipotesi si confrontano e scontrano con gli indizi. Questa è l´"aspettazione percettuale", fondata sull´esperienza precedente, ma anche anticipazione di quella futura. Henri Bergson, infine, critica le convinzioni degli uomini (e dei filosofi) che confidano sull´esistenza di una realtà diversa dalle immagini contenute nella nostra coscienza. Bergson sostiene che tra le infinite immagini costituenti l´universo ve n´è una che viene vissuta esclusivamente dal nostro interno: è l´immagine del nostro corpo. Esso attraverso somme e differenze sceglie quelle utili per soddisfare i suoi interessi e bisogni. Percepire non significa conoscere, ma agire per modificare, migliorare (rettificare in base al proprio "propriocettivo") la realtà materiale esterna. Il filosofo inoltre sottolinea la vitale influenza della memoria. Fondamentale al nostro caso è la fondamentale funzione della memoria-abitudine. Questa infatti determina le soluzioni motorie convenienti alla situazione (natura) sulla base delle esperienze passate (cultura) e tradotte dall´organismo in meccanismi che possono sembrare spontanei e istintivi. Ma esiste una memoria più interna che ha subito più selezioni, quella della memoria-pura, in continuo rapporto sinergico con la memoria-abitudine. Dal contenitore della memoria-pura provengono i ricordi utili alla memoria-abitudine per autorizzare l´avviamento dei meccanismi motori in cui avviene la percezione. Dall´altro è grazie alla memoria-abitudine che alcuni ricordi "puri" vengono rinvenuti, portati in superficie e concretati in ricordi immagine, in ologrammi, a loro volta motivo diretto delle risposte motorie.
Anche se tu non
ci sei più [A.B.] Nella percezione il "ricordo", le visioni precedenti (ovviamente da ognuno rielaborate in modo diverso) assumono una vitale importanza per la percezione stessa. L´indizio esterno che trasformato dagli occhi o dal naso o dalla pelle in impulsi elettrici non fa altro che risvegliare, chiamare in causa l´ologramma sopito che in passato era sedimentato in me.
E son qui dentro
Di quel che
trova fuori [A.B.] «Gli indizi esterni servono solo ad evocare ipotesi, a confermarle, a smentirle, a riaccendere l´ologramma, il sedimento, il ricordo dell´oggetto che è già in me; quindi sono io che genero il fuori» [A.B.], sono io che genero il mio fuori, diverso dal fuori di ogni essere umano. Il fuori, non più costituito da oggetti sterili ma da una sorta di loro simbolizzazione, scaturisce direttamente (e indirettamente poiché esiste anche la parte inconscia) dall´individuo. Tale simbolizzazione ha intrapreso il suo percorso dall´età infantile, trasformandosi, specializzandosi e diversificandosi nei diversi individui attraverso gli anni, senza avere un termine prefissato. Dalla percezione alla propriocezione Il vedere con tutti i sensi, con tutta la pelle avviene in primo luogo grazie alla memoria, al ricordo dell´oggetto, al sedimento che ho dentro di me. Quando guardo un oggetto, si può sostanzialmente affermare che lo vedo, perché io lo sto "ricordando", lo sto richiamando a memoria perché sostanzialmente mi «si accende il suo ologramma interno» [A.B.]. La pelle, con i suoi enigmatici dedali diviene la sfera da cui si origina e da cui trova la luce l´esperienza con il mondo. La mente rappresenta solo il riflesso di un "conoscere" ereditario e quotidiano che ci viene ininterrottamente dall´intero corpo. L´acqua, presente per il 75%, rende la pelle la più idonea alla percezione delle vibrazioni e la più adatta per la risonanza (verso l´esterno) delle stesse vibrazioni.
A farsi schermo
Ed ora so che
scena Che la sorgente sembra da fuori [A.B.] MEMORABILE APPARIZIONE
[...] Quando
tornai a casa, sull´abisso dei cinque sensi, [...] vidi, avvolto in nubi nere,
un poderoso Diavolo ai lati volteggiare della roccia: con fiamme corrosive
egli scrisse questa frase che ora le menti degli uomini percepiscono, e
leggono in terra: [W.B.] MEMORABILE APPARIZIONE [...] sotto di noi, a una distanza immensa, c´era il sole, nero e tuttavia splendente [...] allora mi lanciai dritto con lui dentro il corpo del sole, dove mi vestii di bianco [...]. [W.B.]
Nel momento in
cui l´uomo sente per mezzo della sua pelle (trasduttore dall´esterno
all´interno e viceversa) che il "fuori" sta avendo origine dentro di lui, il
vocabolo "percezione" deve essere abbandonato in favore del termine
propriocezione, che momentaneamente e approssimativamente può essere
interpretato come: percepire e far originare l´esterno dal "di dentro" per
mezzo di un "sentimento del ricordo".
Di
percepir dal centro [A.B.] Propriopercepire l´oggetto significa accendere l´oggetto, richiamare a memoria ciò che già era in me. Ciò che "era" diviene un presente: "è".
Che
a divenir robot [A.B.] «Il fuori può essere riacceso in me non solamente attraverso un ologramma luminoso, ma anche per mezzo di una deformazione volumetrica del mio corpo» [A.B.] La ri-accensione dell´oggetto esterno non si compie solamente attraverso una immagine ologrammica ma può essere realizzata anche attraverso la metamorfosi del mio corpo.
Che
di metamorfismo [A.B.] Tutto sarà "indiziato" in me ed io restituirò all´esterno una nuova luce, fondamentalmente la mia luce. IL SORRISO
Il sorriso [...] a
fondo nel profondo del cuore penetra, [W.B.] La metamorfosi del mio corpo-macchina mi farà raggiungere l´oggetto esterno pur rimanendo distaccato da esso. Perché anche se [...]
So´
sempre stato fermo [A.B.]
[...] il ricordo, non fa altro che richiamare a memoria
qualcosa già presente in me superando quella fondamentale angoscia,
psicologica, filosofica, ecc. che ci divide da tutto ciò che è esterno. PENA INFANTILE
[...] V) E innanzi
a me vidi brillare [W.B.] Mentre un ologramma pro-visivo è sull´oggetto esterno, l´ologramma propriocettivo è all´interno nelle mie membra, non più io soggetto mi troverò tra gli oggetti, ma gli oggetti saranno in me, si origineranno in me. «L´evocazione propriocettiva è molto più forte, l´ologramma propriocettivo coincide con la sorgente è il muscolo stesso che mi si accende, la sorgente deve essere la macchina stessa, la macchina deve essere sorgente e assorbitore. Tutto ciò rende le braccia lunghe. Io posso andare dentro le cose, questo nuovo sentire è un sentimento. Il sentimento è il ritorno dell´ologramma».[7] SENTIMENTO Poter vedere le cose col sentimento significa considerare anche la parte irrazionale e in un certo senso oltrepassare il perimetro che in ogni occasione, in ogni esperienza, viene fissato dalla razionalità: il riconoscimento di una fonte è connesso col riconoscimento della soggettività umana come alcunché di irriducibile a un complesso di elementi oggettivi od oggettivabili o a modificazioni passive prodotte da tali elementi.[8]
Ragione considerata come quella parte della nostra
mente che offusca la possibilità di vedere anche col cuore. LA VOCE DEL DIAVOLO
[...] 1) Nell´uomo
non c´è un corpo distinto dall´Anima; il cosiddetto Corpo è una parte
dell´Anima che i cinque Sensi, maggiori antenne dell´Anima in questo evo
discernono. [W.B.] Guardare col sentimento è passare dall´essere uomo all´essere superuomo[9]. Essere oltreuomini significa trascendere l´oggettività per penetrare dentro se stessi e divenire coscienti che il nostro corpo è l´origine delle cose, la sorgente dell´esterno.
Di
provenir da fuori [A.B.] Il corpo diviene in tal modo un teatro, un cinema fatto di immagini che sono ricordi riaccesi. Il passato, che è stato filtrato, ed ha percorso i labirinti della simbolizzazione individuale, interpreta il presente e si arricchisce di questo presente per interpretare il futuro, i successivi presenti.
A farsi schermo [A.B.] Il corpo, la simbolizzazione creata, non solo degli oggetti, ma anche la simbolizzazione del corpo stesso! mi offre la possibilità di vivere me stesso come un "esterno" che può essere attraversato... Io potrò come all´esterno passeggiare in me.
Di passeggiate
dentro [A.B.] Tutte le membra si trasformano - dopo un percorso di autocoscienza - in un radar-metamorfico, tutte le membra divengono memoria.
Che il corpo mio [A.B.]
Il processo percettivo è un ricordare. All´esterno del
nostro corpo esiste un rumore quantico[10]
che viene captato dai nostri recettori sensibili. Ma il modo di percepire è
funzionale alle "precedenti esperienze", quindi percepiamo solo ciò che
siamo stati condizionati a percepire. Le forme, i colori, il suono, il
profumo li inventa "l´homo"; l´oggetto esiste indipendentemente dall´uomo ma
"non ha alcuna realtà in sé". L´oggetto viene alla luce dopo una
interpretazione (simbolica) delle nostre memorie, da cui nasce una reazione
fisiologica, emotiva che sostanzialmente tende a colmare dei vuoti.
E´ ritrovata! [1] Questo breve scritto è una impressione, quasi personale sul laboratorio del venerdì tenuto da Antonio Botticelli all´E.N.E.A. di Frascati. L´aspetto tecnico, gli obiettivi finali non verranno presi in considerazione, bensì si porrà l´accento sull´aspetto filosofico e poetico. [2] P.P. Pasolini, Lettere 1940-1954, N. Naldini (a cura di), p. lxxx. [3] In questa sede verranno brevemente presi in considerazione quei filosofi che non si pongono tanto il problema di un al di qua (nel mio corpo) e un al di là (tutto ciò che è fuori da me), ma considerano la percezione dell´oggetto come qualcosa che riguarda e chiama in causa in primo luogo l´individuo. L´oggetto da questi filosofi è considerato come qualcosa che si origina in gran parte nel nostro interno: il percepito (l´oggetto) passa in secondo luogo al percepiente (il soggetto). Percepire si trasforma in un sentire se stessi. [4] che è quella che verrà presa in esame in questa sede. [5] E´ proprio tale attività introspettiva di giudizio e interpretazione dell´esterno che viene posta al primo posto durante il "laboratorio del venerdì". L´attività della percezione viene considerata esclusivamente introspettiva e si concretizza in modo autoriflessivo. [6] V. Weigel, Der güldene Griff..., cap. 9. [7] Antonio Botticelli, da un venerdì pomeriggio. [8] Nicola Abbagnano, Dizionario di filosofia, Definizione che deriva dalla filosofia moderna, (Pascal, Rousseau, Kant). [9] Intendo il nietzschiano superuomo, che non indica un uomo perfetto, ma significa andare oltre l´uomo (molti studiosi traducono übermensch con oltreuomo). [10] Quantum è definito nella Fisica come l´impulso minimo di una qualunque energia che può essere emesso o assorbito. |
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