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ANTICHI MESTIERI A ROCCA DI PAPA

ANTICHI MESTIERI A ROCCA DI PAPA
Dicembre 08
21:43 2022

Qualche anno fa ebbi modo di assistere alla lavorazione di questa pianta beneaugurale, il pungitopo,  e di fare una bella chiacchierata con il signor Giuseppe, immortalando nella foto la gentile signora Antonella al lavoro con i familiari.

– Rizzate ni’,  etè ora

– Oh tà ma fa frieddu, etè scuru ‘ncora

– ‘Nte fa’ rechiama’ *

E pensare che quando era piccolo, Giuseppe quasi invidiava i fratelli più grandi che sarebbero usciti con il padre per andare nei boschi… ora aveva nove anni e toccava anche a lui alzarsi alle tre di notte …

Mestiere antico, tramandato di generazione in generazione: dalla famiglia di nonna Giuseppina – nonna Pescinella – come affettuosamente la chiamava,  a sua madre Giuliana, ora toccava a lui: la macchia di Rocca di Papa non aveva segreti, aveva imparato a conoscere ogni piccolo sentiero, ogni masso al quale far riferimento, ogni albero sotto il quale ripararsi se pioveva.  Era stato a vivere con sua nonna fin quando lei non era mancata: proprio nel quartiere bavarese, conosceva sampietrino su sampietrino,  sentiva nell’animo il gorgoglio della fontana in Piazza Vecchia dove la nonna lo mandava a prendere acqua,  ricordava il suono delle campane nel dì di festa.  Dovette far ritorno in famiglia, numerosa, la sua… e trasferirsi per qualche tempo alla Colonia – edificio di fortuna ricavato dall’ex Grand Hotel che ospitava gli sfollati della 2^ guerra mondiale – , fin quando poi non si stabilirono in una casetta ai Campi d’Annibale, ‘ e Prata…

Mestiere antico, si diceva:  tutti nel bosco a cogliere verdura, soprattutto in inverno: vischio, agrifoglio – non era ancora protetto – pungitopo, asparagina, cinerea,  lauro, mortella, ‘e toppe de vellutello – il muschio –  che non serviva solo per il presepe; e ancora le felci, la stellaria…  Tutte piante usate dai fiorai come base per realizzare  corone e cuscini per i funerali, sostegni per le piante, decorazioni e addobbi floreali per le chiese. Prima di arrivare là, sul banco  in via Urbania  a Roma o ai Mercati Generali, queste  piante che spesso passano inosservate, ma che decorano alla grande,  erano il prodotto di una faticosa manovalanza nei boschi, non solo dei Castelli Romani, ma anche fuori regione, manodopera costituita non solo dagli adulti: ciascuno aveva il proprio compito: chi riuniva i rami in fasci, chi preparava le bacche, chi le attaccava, chi impaccava…  per un certo periodo di tempo i vari mazzi venivano portati a Nemi, là caricati e spediti anche a Milano dalla ditta Caccia.

E gli anni sono passati: a Rocca di Papa numerose sono le famiglie che continuano a lavorare questi prodotti della natura.  Giuseppe, per esempio, non appena termina la Sagra delle castagne, terza domenica di ottobre,  va nei boschi a raccogliere le bacche rosse dei pungitopi:  si avventura nel fitto sottobosco e, nel silenzio della natura rotto dal vento o dal fischio di qualche merlo, dal fruscio di qualche animale del bosco non ancora in letargo, inizia un lavoro che, insieme alla sua famiglia,  porterà avanti per almeno un paio di mesi. Gli piace andare da solo, pensare, meditare, riflettere: spesso sente vicino spiritualmente chi è un ricordo, un affetto prematuramente scomparso… Talvolta sono capitati incontri ravvicinati con cinghiali o con rettili: finché si tratta di innocue bisce non c’è da temere, l’attenzione va posta comunque perché talvolta le vipere sono  nascoste tra un ramo o sotto un sasso. A questo proposito racconta un divertente aneddoto capitato al padre che, intrufolatosi in un cespuglio trovò davanti a sé un ramo che gli penzolava davanti al viso… non riuscendo a scostarlo,  lo prese tra i denti: era in realtà un grosso serpente.

Tornando al lavoro, una volta colte,  con una pazienza certosina le bacche saranno unite due a due con un sottilissimo fil di ferro… la tappa successiva prevede la raccolta di rami di pungitopo: devono essere della stessa lunghezza, di un bel verde brillante e saranno uniti a mazzi di dieci rami ciascuno. A questo punto le bacche rosse verranno sistemate sui rami, ventidue coppie di bacche per ogni mazzetto. Tutto il lavoro si fa a mano: ora si usano i guanti, ma un tempo, nonostante si fasciassero le dita, la pelle risentiva dei graffi, punture, spine e anche solo a lavarle con il sapone le mani bruciavano ed erano doloranti per lungo tempo.  Una volta pronti,  i mazzetti verranno legati tra loro – impaccati –  cinquanta a volta e ritirati dal commerciante che li porterà a Roma, ai Mercati Generali.

Mestiere antico e molto diffuso nel passato a Rocca di Papa, questo lavoro è un artigianato che sta scomparendo, anche a causa della diffusa urbanizzazione che distrugge i boschi:  racconta Giuseppe che quando si raccolgono i rami, il rispetto per il bosco e per la natura sono tutelati; se il bosco è curato e viene sfoltito, di anno in anno cresceranno nuovi cespugli di pungitopo – i ruschi .   Se ne coglievano tantissimi nel passato, mantenendo pulito il sottobosco: gli spazzini li usavano per costruire le loro scope e i verdurai che lavoravano in casa o nelle loro stalle/cantine, si davano appuntamento in piazza Giuseppe Garibaldi, Piazza dell’Erba, alle quattro del mattino al Bar dei fiorai prima di partire per la Capitale con le loro vetture cariche di mazzetti. Ricorda Giuseppe che dall’antico quartiere bavarese trasportava a mano i vari mazzi impaccati e faceva più volte su e giù per caricarli sulle vetture. Chi abitava in quella piazza, affacciatosi alla finestra, la vedeva piena di auto cariche di pungitopi e quel bar aperto alle quattro del mattino che, oltre a servire caffè e cappuccini, metteva in mezzo una bottiglia di liquore che offriva per scaldare quegli avventori infreddoliti.

Piacevole chiacchierata, mentre la signora Antonella con una sorprendente agilità fa ruotare il fil di ferro e fissa la coppia rossa corallo sul verde smeraldo dalle foglie appuntite. Andranno nelle case quei mazzetti, incellofanati, infiocchettati, magari spruzzati di finta neve, a portar fortuna per tutto l’anno. Proprio la stessa fortuna che tutti noi ci sentiamo, ora che abbiamo letto, di augurare di cuore a questa famiglia ospitale e intenta a mantenere una tradizione antica di un vecchio borgo, quasi a voler trattenere lo spirito di tutti quegli antichi antenati che, nei boschi del nostro paese trovavano sostentamento e vita.

 

*- Alzati che è tardi

– Ma papà, fa freddo, è ancora scuro

– Non farti chiamare ancora

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