Anoressia e dintorni
La Kidman ha le spalle a stuzzicadenti e i fianchi da ragazzino. È magrolina, e pure scarsa di tette. A fare l’infelice commento è un collega sulla cinquantina, una di quelle figure presenti negli uffici di tutto il mondo, che si svegliano ogni giorno, da quando hanno vent’ anni, contando quanto manca alla pensione. Ha istruito un po’ di pratiche importanti presso una Direzione qualche anno prima, ma il suo passaggio presso l’Ufficio di diretta collaborazione era stato un errore. Non è all’altezza del compito. E, a quanto pare, è completamente privo dell’istinto di sopravvivenza. Mi squilla il cellulare. E’ Alessandro. Questo sì che è strano. Alessandro, mio figlio minore, ha avuto tempo fa problemi a scuola con quella che risultava essere una gang di pre-teenager. Il suo sorriso malizioso lascia ora pensare che misure estreme sono state prese nei confronti della gang: i membri dovevano essere stati trasferiti o neutralizzati in qualche modo. Niente di grave: voleva solo chiedermi di portarlo stasera al cinema. A vedere i Simpson. Mezz’ora più tardi ancora uno squillo. Gabriele, il maggiore, è uno studente universitario dagli ottimi voti e si dedica molto alla Chiesa. Sta andando a vedere “Scrivilo sui muri”. Con una amica. E di pomeriggio. Mmh, strano. “Bene, posso avere le chiavi della macchina?” Lo consiglio di chiederle alla madre. Simonetta, mia moglie. Incertezza. Poi, okay. E riattacca. Non l’ha presa molto bene. Rido. Non è facile fare il padre. 18,30. Torno a casa. Davanti alla stazione della metropolitana troneggia la fotografia di Oliviero Toscani. Colpisce, certo è scioccante, ma io la farei esporre in tutte le scuole perché si vedano gli effetti dell’anoressia. Non è nascondendo la realtà che si risolvono i problemi. La fotografia riproduce una giovane attrice francese ieri bellissima e oggi ridotta a uno scheletro. Senza nessuna voglia di vivere. Troppi restano abbagliati da una società che produce modelli sbagliati (si pensi a certe top-model), ma non insegna i valori veri della vita. Spinge al consumo, ma non spiega che occorre una alimentazione corretta. I mutamenti della società incidono sui giovanissimi, la mancanza di affetto spinge verso eccessi che non raramente passano attraverso l’odio per il cibo o l’eccessivo attaccamento al cibo. È un male sociale, terribile perché porta spesso alla morte. La malattia è più diffusa di quanto si creda. Agisce in maniera subdola, nascondendosi. Poi esplode all’improvviso. Spesso quando chi sta attorno se ne rende conto, è già difficile per intervenire, talvolta è troppo tardi. Il recupero è difficile, faticoso e lento. Sicuramente l’attenzione della famiglia è indispensabile, non raramente è la scuola la prima ad avvertire il disagio e a informare i familiari. Da qualche tempo la stessa scuola prova a lanciare l’allarme, a far prendere coscienza agli alunni degli effetti devastanti della malattia. Ma la scuola non può svolgere tutte le funzioni richieste a una società distratta nei confronti de giovani: educazione stradale, educazione sessuale, lotta alla droga, all’alcol, al cattivo uso del cibo, all’integrazione tra popoli, alla necessità di far convivere religioni diverse ecc. Allora ben venga tutto quello che dall’esterno serve a far riflettere su problemi così gravi. Il manifesto di Toscani è una sorta di manifesto della disperazione, se serve anche solo a salvare una vita ha già raggiunto il suo scopo. Va esposto in tutte le scuole, non ipocritamente nascosto. Nel frattempo sono arrivato a casa. Mi sento come un cane alla catena. Per quanto voglia correre, non mi posso allontanare. La casa è vuota. Stringendo il giornale tra le mani, mi ritiro nella mia camera. Non l’ho presa molto bene. Mi spiace, Oliviero.
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