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ANNULLAMENTO ATTO DI CATTURA E ABBATIMENTO DEI CINGHIALI

ANNULLAMENTO ATTO DI CATTURA E ABBATIMENTO DEI CINGHIALI
Marzo 15
09:35 2021

ANNULLAMENTO ATTO DI CATTURA E ABBATIMENTO DEI CINGHIALI – NON È QUESTIONE DI SICUREZZA PUBBLICA
Il mondo venatorio da sempre si prodiga per mantenere una facciata di comunità amante della natura, fatta da uomini che si alzano all’alba per andare nei boschi, ergendosi a protettori dell’ambiente naturale e della fauna. Ma questo dipinto idilliaco viene facilmente smascherato dalla realtà dei fatti.
Lo schema sembra essere sempre lo stesso: agricoltori e loro rappresentanti lanciano l’allarme, il mondo venatorio rappresentato dalle varie associazioni di categoria si mette a disposizione, ed arrivano i piani di contenimento, di prelevamento, di abbattimento. Arriva la caccia in deroga anche in parchi dove la caccia dovrebbe essere vietata. Arrivano le trappole, gli abbattimenti su segnalazione, la battute e le girate, e migliaia di animali uccisi. Questo ormai da anni, in uno schema che puntualmente e ciclicamente si ripete identico, dimostrandosi oltre che eticamente condannabile ed ecologicamente dannoso, anche del tutto inefficace.
La questione è articolata e complessa e richiederebbe approfondimenti e ragionamenti che vadano oltre i toni allarmistici puntualmente adottati dalla stampa e dalle istituzioni locali.
Siamo a conoscenza:
1) dell’immissione illegale di razze altamente prolifere da parte del mondo venatorio;
2) della scomparsa dei predatori naturali (sempre causata dagli essere umani), come ad esempio il lupo, anch’esso considerato nemico numero uno di allevatori ed agricoltori;
3) dell’urbanizzazione selvaggia del nostro territorio che ha portato negli ultimi 30 anni alla perdita di percentuali altissime di spazi boschivi ed aree naturali;
4) dei continui piani di abbattimento che hanno ottenuto esattamente l’effetto contrario, ovvero rendere più proliferi i cinghiali ed aumentarne a dismisura il numero
5) dell’esistenza di aziende faunistico venatorie nelle quali i cinghiali vengono fatti riprodurre e poi rilasciati sul territorio fino ad assumere la parvenza di veri e propri allevamenti di cinghiali; essi sono destinati all’addestramento cani, al rilascio in natura dove sia cacciatori che turisti, quest’ultimi pagando un ticket, possono sparare agli animali e portarsi a casa un trofeo
6) della cattiva gestione dei rifiuti in aree limitrofe all’ambiente boschivo e al foraggiamento abusivo localizzato (per foraggiamento abusivo si intende sia chi in buona fede pone cibo a loro disposizione per simpatia, sia i cacciatori o agricoltori che lo pongono in zone specifiche per attirarli).
Siamo a conoscenza che:
1) a ricoprire cariche politiche e istituzionali sono spesso persone che praticano la caccia; sono sempre gli enti venatori e i cacciatori ad essere chiamati in causa quando si tratta di prendere decisioni e provvedimenti relativi alla fauna selvatica;
2) dunque, chi ritiene l’uccisione di animali una passione, uno sport, un passatempo, una pratica culturale da tutelare, deve essere il referente unico delle istituzioni in tema di animali selvatici.
Quindi quale credibilità possono avere gli enti venatori in tema di fauna selvatica, equilibri degli ambienti naturali, gestione di eventuali problematiche quando sono diretti responsabili del problema, con pratiche ormai note e da sempre volutamente insabbiate come quella delle immissioni illegali di specie altamente prolifere (spesso provenienti dall’est Europa); come si può credere in una loro imparzialità nel gestire la questione, dal momento che sono i primi a trarre profitto da tutta questa “emergenza”, vedendosi aperta la caccia in deroga e accaparrandosi evidenti benefici e avvalendosi dei fondi destinati alla categoria.
Sembra chiaro che il mondo venatorio non possa essere un referente autorevole ed affidabile in tema di fauna selvatica, a fronte dell’evidente conflitto di interessi.
La conclusione quindi è molto chiara:
La proliferazione della popolazione del cinghiale e quindi anche l’aumento dei danni causati all’agricoltura e degli incidenti stradali, è anche conseguenza diretta della pressione venatoria nei confronti di questa specie: l’abbattimento massiccio non diminuisce, ma aumenta il numero dei cinghiali.
Pertanto chiediamo innanzitutto l’immediato annullamento dell’atto predisposto dal Prefetto e dalla Provincia di Como in quanto non è più sostenibile utilizzare i metodi finora applicati poiché questi, come è storicamente evidente, non hanno assolutamente saputo rispondere alle esigenze dichiarate se non in maniera temporanea. La situazione non può essere inquadrata come emergenziale: ad oggi non sussistono fatti tali per cui ritenere la presenza dei cinghiali sul territorio comasco una minaccia.
Da ciò ne consegue che per evitare che questo possa avvenire successivamente sarà necessario affrontare la tematica con un approccio differente per trovare soluzioni efficaci alternative rispetto all’intero e complesso argomento della fauna selvatica e della convivenza tra specie.
Uccidere non è mai una soluzione e sicuramente non può essere la prima, altrimenti è convenienza.

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