Anna Hazare: nuovo Gandhi?
La corruzione, si sa, non è un problema solo dell’India; ma in India chi protesta facendo lo sciopero della fame per un problema che interessa l’intera società, ha tantissimi sostenitori che nei modi più svariati gli dimostrano solidarietà. E’ quello che sta accadendo da dieci giorni nel grande paese asiatico a seguito dello scipero della fame di Anna Hazare, 73enne originario del Maharashtra (capitale Bombay), fautore della non violenza, attivista per i diritti umani di lungo corso. Soldato volontario in gioventù ai tempi delle forti tensioni con Cina e Pakistan; poi l’incontro con la letteratura gandhiana, la “conversione”, le lezioni di maestri spirituali come Swami Vivekananda (guru indù) e Acharya Vinoba Bhave. Hazare torna nella sua terra e diventa l’alfiere dello sviluppo rurale: grazie alla sua opera Ralegan Siddhi, un misero villaggio del Maharashtra, diventa un modello autosufficiente e ecosostenibile. Si realizzano cisterne, canali di irrigazione, contenimento e terrazzamento dei campi per una migliore gestione dell’acqua, pannelli solari e biocombustibile (in parte derivato dalle latrine del villaggio stesso). Oltre alla terra, Hazare, con la sua autorità morale, interviene sulla stessa struttura sociale. Elimina lo status di “dalit” (termine politicamente corretto per definire gli “intoccabili”), lancia la moda dei matrimoni collettivi, crea un Consiglio degli adulti del villaggio. Tutte opere realizzate, secondo i suoi detrattori, con metodi “intrisi di autoritarismo e nazionalismo religioso”: come quando ha imposto la chiusura di tutte le distillerie illegali e il divieto sulla vendita e il consumo di alcool e tabacco, pena frustate pubbliche. Critiche alle quali Hazare risponde: «Una madre non dà forse una medicina amara al proprio figlio se sa che è malato?». Da circa 20 anni la sua crociata si è spostata sul tema della corruzione, culminata nella campagna per il “Lokpa Bill” (la legge in discussione al parlamento indiano). Migliaia di persone lo appoggiano, manifestano ad oltranza mettendo in difficoltà il governo di New Delhi. Hazare ha presentato una sua proposta di legge che prevede, contrariamente alla bozza governativa anche l'”investigazione e punizione” per i livelli medio-alti della burocrazia, per le più alte cariche dello stato e per la magistratura. Ha fissato una scadenza: il 30 agosto. Se entro quella data la legge contro la corruzione non sarà approvata, Anna Hazare promette una rivoluzione. Come ai tempi del Mathma, una marea umana della classe media e giovani indiani lo sotengono e lo appoggiano, ma l’atteggiamento assolutista del guru gli procura anche diverse critiche. C’è il sospetto che la stampa di regime interferisca; del resto il suo approccio riassumibile con la locuzione «My way or the highway», ovvero «O a modo mio o niente» non piace a tutti. Senza contare che per i corrotti Anna Hazare chiede la pena di morte, mentre per gli uomini indiani crede nella vasectomia obbligatoria, unica soluzione per eliminare il problema demografico. Persino l’attivista Aruna Roy mette in discussioni i metodi antidemocratici di Hazare: «Le intenzioni sono buone, ma le richieste no», ha spiegato la donna, precisando soprattutto la scorrettezza del paragone tra il Mahatma Gandhi e Anna Hazare: «Il primo era per la decentralizzazione del potere diversamente da Anna. Questo è un decreto draconiano che mira alla costituzione di un potere elitario. Sarebbe come avere due oligarchie anziché una», ha sostenuto Roy in un’intervista all’Economic Times. Intanto il governo del Congresso è in calo di popolarità per la serie di tangentopoli che ha portato in carcere due ministri. Il trucco di seminare calunnie è vecchio. E in attesa di capire meglio il popolo di Anna non smette di sostenerlo e di credere in lui.
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