ANDAVAMO IN VACANZA AI CASTELLI
S’annamo a divertì ‘Nannì Nannì… si cantava già nel 1926, periodo del boom turistico ai Castelli Romani e dintorni… per la verità la famosa canzone interpretata da Ettore Petrolini, Anna Magnani, Claudio Villa, Gabriella Ferri, Lando Fiorini solo per citarne alcuni, non accenna a Rocca di Papa. Grande esclusa e a torto, perché in quel periodo la nostra città era chiamata la piccola Svizzera, la Regina dei Castelli… tanto è vero che qualche anno fa uno stimato concittadino, Terenzio Botti scrisse e musicò un bel canto proprio con questo titolo, a colmare il vuoto nel diadema castellano.
Turismo in questa bella realtà in provincia di Roma, dove il Padreterno ha voluto donare laghi, boschi, aria marina, ponentino, tramonti da brivido: i Colli Albani, come giustamente osserva uno dei relatori, Carlo Guarinoni, che il primo dicembre è intervenuto alla presentazione del bel libro di Maurizio Bocci nell’Aula consiliare di Rocca di Papa. Il titolo? È presto detto: Andavamo in vacanza ai Castelli, Editorial Service System. L’immagine di copertina è quella del ponte monumentale di Ariccia ancora con i sampietrini, percorso da una carrozzella trainata dal cavallo. Il vetturale ne tiene le redini, mentre il passeggero in giacca chiara, comodamente seduto nella parte posteriore ha il braccio sulla spalliera e in testa la classica paglietta estiva. A destra s’intravede la Chiesa dell’Assunta di fronte all’imponente Palazzo Chigi: è una bella cartolina del 1911. Proprio dalle cartoline il libro è impreziosito, documenti del passato, sia nelle immagini che nei contenuti scritti, saluti, affettuosità, informazioni, nostalgie… e molto rivelano a chi, dove, quando, da chi, da dove erano spedite: diventa un bel tuffo nel passato. Quello che ha fatto il bravo autore, raccogliendo dai collezionisti preziosi pezzi delle loro raccolte, carpendo nonostante la loro naturale innata ritrosia a lasciar anche solo toccare quei rettangoli fotografici ingialliti dal tempo, nel quale volentieri tutti noi faremmo un magico salto a ritroso per ritrovarci tra dame dagli eleganti abiti lunghi con merletti frou frou, vezzosi cappellini, velette, ombrellini… vedremmo gli sguardi ammirati dei giovanotti dai folti baffoni arricciolati all’insù nello scorgere la caviglia lasciata scoperta da un piedino sul gradino di una carrozzella, tranquillo il cavallo a ruminare biada. Fermiamoci qui: lasciamo l’incanto di quei monumenti, di quelle vedute tra boschi e distese argentate all’orizzonte e torniamo al bel lavoro di Bocci. Presenti con lui relatori d’eccezione: Sandro Caracci commissario straordinario del Parco dei Castelli Romani e Giovanni Bialla, coordinatore presso il Consorzio Sistema Bibliotecario Castelli Romani, oltre al già nominato Guarinoni. Ospitale, il sindaco di Rocca di Papa Emanuele Crestini ha ammirato con il selezionato e interessato pubblico il bel video che scorreva alle spalle dei relatori, nel quale immagini del passato si facevano realtà e fantasia.
Nel suo libro Bocci ricorda i passaggi più salienti sin dagli antichi frequentatori che in questa zona costruirono ville e dimore principesche, ne ripercorre la storia: scorre il tempo tra le quindici principali cittadine castellane da Velletri a Frascati, passando per i borghi adagiati sui laghi vulcanici del territorio, salendo sulle Rocche e discendendo verso la pianura… Zone amate dagli artisti del Grand Tour, esaltate ne I miei ricordi da un giovane Massimo D’Azeglio, avvezzo alle escursioni nel territorio, pittore egli stesso di scorci nostrani… e continua a scorrere il tempo fino ad arrivare alla villeggiatura con la V maiuscola, amata dalla borghesia sin dai primi anni del ‘900 fino al 1960. Leggendo, sfogliando, osservando le antiche cartoline ci sentiamo trascinati nell’evoluzione del meraviglioso territorio dei Castelli Romani con la consapevolezza che, soprattutto in questi ultimi tempi, non l’abbiamo più saputo amare, valorizzare, apprezzare… e qui, mentre si legge quest’opera, oltre a conoscere il bel tempo perduto, le bellezze che qualcuno fa fatica a immaginare, forte sentiamo salire un rimpianto, una forte voglia di sognare ancora, la speranza di recuperare, soprattutto per coloro che verranno dopo di noi, quelle ricchezze, quel patrimonio che i Castelli Romani per secoli hanno potuto vantare.
Rita Gatta
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