Anatomia di una rivoluzione, di Giuseppe de Marzo
Il saggio di Giuseppe de Marzo, economista, scrittore e giornalista, è un invito a superare le teorie liberiste e a costituire un nuovo paradigma in grado di appianare le ingiustizie sociali e di dare alla natura il titolo di soggetto di diritto. Di fatto la distruzione ambientale e le disuguaglianze sociali sono strettamente legate tra loro e confluiscono nella definizione di ‘razzismo ambientale’, ovvero una forma di discriminazione che «sposta i costi e i rischi sulle persone di colore, sulle persone più povere, sulle comunità più svantaggiate, sulle popolazioni indigene, su quelle che non possono partecipare alle decisioni, su coloro che non hanno gli strumenti adatti per farlo, sui lavoratori più deboli in termini di diritti e garanzie sindacali».
I paesi del Sud del mondo subiscono i danni ambientali causati dalla smisurata impronta ecologica dei paesi del Nord e dal nuovo colonialismo, imposto anche attraverso il land grabbing ovvero un accaparramento selvaggio di aree grandi come Paesi che vengono comprate da multinazionali e governi; secondo una stima dell’International Land Coalition in 10 anni 203 milioni di ettari di terra sono stati comprati o affittati (per almeno 50 anni) e l’80% di queste si trova in Africa, Asia e America Latina. Per tale motivo accade che in Guatemala, nella regione Ixil, le popolazioni indigene e contadine della zona lottino unite contro il progetto idroelettrico dell’Enel che nel 2008 ha iniziato i lavori accordandosi con il governo locale ma senza il consenso delle comunità e delle autorità indigene, decine di migliaia di persone danneggiate dal progetto, ancora una volta vittime di razzismo sacrificate in nome degli interessi economici di una multinazionale. A tale scopo l’autore ritiene che sia indispensabile limitare i diritti alla proprietà di beni comuni come terra e acqua, intesi dalla teoria dominante come beni da gestire attraverso un metodo privatistico e statale; considerati invece dalle scienze sociali ed economiche come «risorse materiali e immateriali condivise che debbono essere gestite dalla comunità», in possesso delle esperienze e dell’interesse a preservarle basandosi sulla cooperazione.
La democrazia rappresentativa è ormai vuota dal momento che la sovranità monetaria è in mano a Bce, Fmi e Bm mentre la sovranità alimentare e quella energetica sono in mano alle multinazionali, un motivo in più per i movimenti che si occupano di giustizia ambientale per agire su un piano globale e internazionalizzare le azioni, divenendo il mezzo di diffusione di una visione biocentrica secondo cui l’uomo è solo uno delle innumerevoli parti della Terra, in una lotta per l’equità economica e la giustizia sociale finalizzata ad espandersi tramite la partecipazione.
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