Ambiente: dalla ricerca italiana nuove metodologie per mappare i fondali marini
Da progetto ENEA, ISPRA, CNR e IUSS tecnologie di osservazione da remoto per la gestione delle coste. Caso studio, un tratto di litorale laziale
Innovative tecnologie di osservazione da remoto permetteranno di studiare spiagge e fondali marini per mitigare gli effetti dell’erosione costiera e migliorare la ricettività turistica. È quanto emerge dalle ricerche condotte da un team multidisciplinare di ricercatori ENEA, ISPRA, CNR e IUSS su un tratto del litorale del Parco Nazionale del Circeo tra Latina e Sabaudia, nel Lazio. Si tratta di studi pubblicati sulla rivista internazionale Remote Sensing e basati su una nuova metodologia che combina tecniche di telerilevamento con sensori aerei ad alta risoluzione (LiDAR – Light Detection and Ranging) e misure in situ per la calibrazione e la verifica dei dati acquisiti.
“Il LiDAR ci ha consentito di guardare il fondale fino a 18 metri di profondità e di individuare i tratti in cui sono presenti le barre di sabbia che possono alimentare la spiaggia emersa e mitigare gli effetti dell’erosione costiera, con una significativa ricaduta applicativa per l’economia del mare. Inoltre, grazie a queste tecnologie, può essere valutata e monitorata l’efficacia e la sostenibilità di queste strategie di intervento”, spiega Sergio Cappucci, ricercatore ENEA del laboratorio Tecnologie per la dinamica delle strutture e la prevenzione del rischio sismico e idrogeologico.
Le barre di sabbia sono accumuli di origine naturale che si formano principalmente nei bassi fondali sabbiosi per effetto delle correnti e del moto ondoso e finora, sulla base di accreditati studi di letteratura[1], nell’area di studio ne sono state individuate otto tipologie diverse per forma e dimensioni.
Per studiare le spiagge e queste formazioni naturali, i ricercatori hanno elaborato una grande quantità di dati rilevati da sensori montati su aereo e a terra, utilizzando un metodo implementato dallo stesso team. Si chiama FHyL[2] e ottimizza l’integrazione delle conoscenze geofisiche ed ecologiche con quelle legate alle tecnologie di automatizzazione e di intelligenza artificiale. Il risultato ottenuto dall’applicazione del metodo FHyL è stato una ‘fotografia ad alta risoluzione’ della costa, dove sono stati individuati i tratti più a rischio su cui intervenire per pianificare la salvaguardia delle spiagge e la protezione delle infrastrutture.
“In Italia, solo negli ultimi 50 anni, sono andati persi circa 23 metri di profondità di arenile su 1.750 km di litorale, per un totale di circa 40 milioni di km2 di spiagge[3]. Ed è per questo che il progetto si candida ad avere una ampia applicazione anche sulle tante aree costiere italiane, e non solo, a rischio erosione”, aggiunge Cappucci.
“Le analisi di dati geospaziali – eseguite grazie all’utilizzo di software G.I.S. (Geographic Information System) – permettono di caratterizzare e studiare tratti di litorale più estesi, consentendo di confrontare la variazione delle forme di fondo rilevate, indotta da diverse condizioni meteo marine e idrodinamiche. In questo modo, riusciamo a ridurre tempi e costi rispetto ai rilievi condotti con metodi tradizionali”, sottolineano Lorenzo Rossi e Iolanda Lisi di ISPRA.
Per Emiliana Valentini del CNR “la visione d’insieme del sistema spiaggia sommersa ed emersa è la vera opportunità che ci offrono questi rilievi da remoto. Lo studio ha messo in luce la complementarità strutturale e funzionale delle barre sabbiose sommerse, della spiaggia e delle dune, consentendo una valutazione della capacità di questo tratto di costa di rispondere al rischio di erosione”.
“L’Italia è l’unico paese europeo ad aver fatto un enorme investimento nazionale sull’utilizzo dei dati e dei servizi operativi basati su rilievi aerei e satellitari per l’analisi del territorio attraverso il Mirror Copernicus. Infatti, la ricaduta economica dei rilievi e delle analisi dei dati esaminati in questo studio appare promettente anche per la riduzione dei costi del monitoraggio e controllo ambientale”, conclude Andrea Taramelli dell’Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia (IUSS) e delegato nazionale Copernicus della Presidenza del Consiglio dei Ministri presso l’Unione europea.
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