Aldo Ciabatti, una ostinata speranza per il futuro
La cesura storica, umana che avviene in quell’agosto di sessantotto anni fa, l’altro ieri, realizzata sulla pelle di un popolo antico e raffinato, poteva benissimo far calare il sipario, o il sudario, su di un infinitesimale pianetino, che il caso ha voluto appoggiare sul Braccio di Orione, all’interno di una qualunque galassia. Invece la vita, su questo granello di sabbia, è andata imperturbabilmente avanti, come se nulla fosse accaduto. Lo sgomento per quello che l’uomo era riuscito a fare durante la Seconda Guerra Mondiale diviene allora appannaggio di un pugno di artisti, recalcitranti e avveduti, forse gli ultimi che avessero qualcosa di nuovo da dire, su una società in disfacimento, che, mai sazia di orrore, avrebbe visto ulteriori conflitti, regionali e periferici, diretti corollari del nuovo ordine imposto con l’atomica. È l’Arte Informale che si incarica di reagire all’inferno scatenatosi in Terra: artisti come Jackson Pollock, Jean Dubuffet, Alberto Burri, Wols con la messa in discussione della ragione e della forma e col superamento della linea, della figura e del colore, condensano nell’azione e nel gesto il loro rifiuto dell’esistente volgendo il loro sguardo al rito magico, al simbolo, al prototipo. Aldo Ciabatti, nella mostra “La rinascita dell’Uomo” (dal 23 novembre all’8 dicembre alle Scuderie Aldobrandini di Frascati), ci propone quindi una personale visione di tutto questo e rielabora, con la sua sensibilità e la sua cultura, la lezione dei grandi del passato, con un pizzico di ottimismo in più. Forse perché toscano di Arezzo, ma il suo ‘grido’ di dolore si scioglie subito in una ostinata speranza per il futuro, guardando all’origine dell’Universo, agli attimi che precedono e seguono la primordiale scissione nucleare, attraversando ere geologiche per noi inconcepibili per arrivare ai pannelli biodegradabili, alle colture idroponiche. Questo percorso, inframmezzato dalla Bomba e dai dipinti sui cambiamenti climatici, viene reso con uno studio attento del colore-materia e dall’uso di oggetti e materiali di scarto, reti, foglie, materiale plastico, in sintonia e in continuità con i pittori degli anni Cinquanta, ma con un occhio rivolto anche, o soprattutto, a Leonardo da Vinci, massimo rappresentante dell’Umanesimo italiano. La scelta della tecnica dell’encausto, con la quale tutti i quadri sono rifiniti, ci sembra infatti un particolare omaggio di Ciabatti al Maestro, suo conterraneo. Frascati con questa Mostra si conferma la città dei Castelli Romani con una spiccata predilezione verso l’Arte e gli artisti, verso quella Cultura che potrebbe, se lucidamente favorita, far ripartire il motore ingrippato di un intero Paese.
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