Aldilà e ritorno: considerazioni in tema di rianimazione
Sabato 8 gennaio, a Palazzo Valentini si è svolto il convegno, organizzato dalla Fondazione Giorgio Castelli Onlus, dal titolo Aldilà e Ritorno – Libere considerazioni in tema di rianimazione cardio-polmonare. La Fondazione è impegnata da anni nell’ambito della prevenzione sportiva ed è sensibile al tema della cultura dell’emergenza e all’attenzione nei confronti dell’altro: 60.000 decessi l’anno in Italia, 300.000 in Europa di anziani, cardiopatici, ma anche giovani e addirittura sportivi causati dall’arresto cardiaco, che potrebbero essere evitati in larga percentuale se fossero poste in essere tempestivamente le manovre di rianimazione cardio-polmonare e l’utilizzo del defibrillatore, attuabili anche dai non-sanitari. Di queste tematiche hanno parlato relatori illustri, quali Giorgio Battisti, medico anestesista-rianimatore presso l’ospedale Vannini di Roma, che è stato il primo a intervenire, naturalmente dopo il saluto di benvenuto del Presidente della Provincia Zingaretti, illustrando una serie di slide volte a chiarire le caratteristiche medico-scientifiche dell’arresto cardiaco, ricordando che l’intervento utile in questi casi prevede come tempo massimo 4-6 minuti, entro i quali è possibile salvare oltre il 40% delle vittime. Battisti ricorda che il tema della rianimazione è presente anche in altri campi, quali l’arte e la religione, fin dai tempi antichi: basti pensare al mito di Er o ad Orfeo e Euridice. Castelli ha ribadito l’importanza della catena della sopravvivenza e della solidarietà, che sarà tanto più forte quanto più sarà forte e resistente ogni anello che la compone. In America già nel 1997 si defibrillava nei casinò, e nel 1999 presso l’aeroporto di Chicago 33 defibrillatori garantivano tassi di sopravvivenza altissimi, pari circa al 61%. In Italia questa sensibilità non è stata ancora acquisita, tanto è vero che negli aeroporti non sono presenti defibrillatori, se non nei pronto soccorso, con una velocità media di intervento stimata tra 8 e 10 minuti. Implementare la cultura dell’emergenza è fondamentale, ma ci sono delle tappe precise da rispettare, partendo dal voler promuovere una divulgazione massiccia, con l’impegno, la predisposizione d’animo nel superare gli egoismi e l’indifferenza della società, e la sensibilizzazione mass-mediatica. La seconda tappa, quella del saper fare, prevede l’acquisizione di una serie di conoscenze e competenze specifiche con l’addestramento e periodici aggiornamenti. E poi in ultimo, ma non per importanza, c’è la legge 120 del 4 aprile 2001, proposta dall’On.le Di Virgilio, che ha ricordato l’avanzamento dei lavori in proposito e i finanziamenti stanziati a tale scopo: 4 milioni di euro per il 2010, 2 milioni per il 2011 e 2 milioni per il 2012. La cultura della prevenzione e dell’importanza dell’altro va incentivata soprattutto in quei luoghi frequentati da giovani, soggetti a situazioni di tensione e a dinamiche conflittuali (scuole, palestre, circoli ricreativi), proprio per scongiurare atti di violenza e bullismo e per favorire, al contrario, l’altruismo e la solidarietà. Castelli ha ricordato che nel 2010 in ambito sportivo ci sono stati 115 decessi. La cronaca recente ha purtroppo registrato la morte di una ragazza diciassettenne appartenente alla nazionale di sci. A conferma che le nuove leggi sulla sicurezza e la prevenzione sono sempre di difficile accettazione e attuazione, ma a lungo termine danno ottimi risultati, la divulgazione dei dati Aci-Istat riguardo la legge sui tutor stradali: dal 2001 al 2009 il 40,3% in meno di decessi. In Italia muoiono meno persone a causa di incendi (2 morti per milione) rispetto agli altri paesi europei, proprio perché c’è una legge di prevenzione efficace. In tutte le strutture pubbliche, così come ci sono gli estintori, dovrebbero essere presenti anche i defibrillatori. E così anche nelle scuole, nelle università, negli stadi, nelle stazioni, negli aerei, nelle navi, nei treni, tra i cui sedili non c’è neanche lo spazio sufficiente per effettuare le manovre di rianimazione cardio-polmonare. Il presidente della Fondazione conclude con una esemplificativa frase di Sofocle tratta dall’Edipo Re: «La cosa più onorevole che possa accadere ad un essere umano è aiutare i propri simili con i mezzi a disposizione». Mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova evangelizzazione, è intervenuto affermando che già nel termine ri-animazione affermiamo linguisticamente la consapevolezza dell’esistenza di un’anima vitale diversa dalla vita biologica descritta da Battisti, ricordando a tal proposito che i greci distinguevano la vita, bios, che esiste anche al plurale, dalla zoè, che invece è solo al singolare. L’uomo non è solamente ciò che mangia, come afferma Feuerback, ma è qualcosa di più complesso, che supera tale visione meccanicistica, e che spesso sfugge all’uomo stesso. A volte è difficile anche esprimere ciò che ognuno di noi ha dentro, perché l’essere umano utilizza il linguaggio per esprimersi e comunicare, ma proprio questo a volte si trasforma in una gabbia che schematizza e semplifica eccessivamente i complessi processi mentali che caratterizzano la mente umana. La vita – ha continuato Fisichella – ha un fine ultimo: amare gli altri secondo i principi di solidarietà e sussidiarietà. Dio ama tutti indifferentemente e indipendentemente dalla propria natura con tutte le diversità che ne conseguono. Per questo ci si deve interessare all’altro. Walter Veltroni ha aperto il suo discorso premettendo che la vita non può e non deve essere considerata alla stregua di una merce, poiché, mentre quest’ultima è individuale, la vita è collettiva: la nostra felicità ha senso soltanto in funzione della felicità e della vita dell’altro. La causa sociale della diffusione della mercificazione della vita, in base ai dati forniti da Castelli, dipende dalla struttura della società odierna, sempre più competitiva. La velocità tecnologica sta diventando l’obiettivo e non lo strumento per vivere meglio. Nella vita – ha proseguito Veltroni – ci sono momenti di blocco in cui ci rendiamo conto che la nostra non è una macchina perfetta. Importante anche la testimonianza di Daniela Milazzo e Luigi Di Bartolomeo, entrambi sopravvissuti grazie all’intervento di persone formate all’utilizzo del defibrillatore. Infine gli interventi dei ragazzi universitari appartenenti all’associazione culturale teatrale “Il Circolo degli Scipioni” che, grazie alla sensibilità e allo spessore delle domande rivolte ai relatori, sono riusciti a far emergere in modo più chiaro aspetti e punti di vista strettamente personali e importanti ai fini di una più ampia e completa visione del delicatissimo tema.
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