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AL VOTO AL VOTO

Febbraio 27
23:00 2008

Il governo è andato a farsi benedire un’altra volta.
Per le strade, nei negozi, sui volti delle persone appare evidente lo sconforto per tanta ottusità politica, la derisione per l’incapacità cronica a concludere un percorso di riforme.
Insomma siamo alle solite, pur di non pagare dazio per le frenesie poco politiche di qualcuno, per le mire territoriali di qualcun altro, per le somme che non debbono incontrare detrazioni da parte di altri ancora, sì è preferito recitare un copione usurato, ma alla bisogna ferocemente attualizzato. Uomini di potere allo sbando, che proprio alla frutta non sono, diciamo pure che si tratta di una ritirata strategica, un percorso all’indietro, alla faccia di chi le tasse le paga, di chi alla terza settimana fatica ad arrivare, di chi è allo stremo pensionistico.
Si sciolgano le camere, si ritorni a votare, basta con i governicchi, slogans e battutacce la fanno da padrona, mentre i soliti ignoti, di certo poveracci, si aggirano inquieti tra le bancarelle del mercato, per raccattare insalata al minor costo.
Nei posti di lavoro, sempre quei soliti ignoti non hanno neppure il tempo di commentare il teatrino delle maschere con voto di fiducia al seguito, perché immancabilmente e banalmente rimangono stesi sotto una pressa, dentro un forno, giù da una impalcatura.
Sempre quelli, i più esposti all’accidente che verrà, sanno altrettanto bene che con le belle parole non si riempiono le pance dei propri figli.
Al voto, al voto, tutti in fila ancora una volta, ben intruppati e con gli occhi sorridenti, perché la nuova era è alle porte, gli uomini nuovi pure.
Eppure la miseria umana non sta solamente nelle tasche vuote, nelle mani stanche d’esser giunte, no, la miseria umana sta anche nella parola che offende perché bugiarda, sta nella promessa ipocrita, perchè non sarà mantenuta, sta nella indicibilità di un potere che disperde la propria integrità, e così facendo distrugge la dignità del cittadino.
Sinistra, destra, centro, e zone limitrofe, dettano i tempi, le intese, le conte, così anche il linguaggio diventa criptato, incomprensibile, possiede un suono sgradevole, che non va dritto al cuore degli elettori, del resto di costoro non hanno importanza le opinioni, che ha rilievo è ciò che sta movendosi all’intorno.
Persino nella rappresentazione teatrale di strada, c’è la funzione dello specchio a fare qualcosa per le persone e la loro vita, soprattutto per le persone cosiddette normali, perché in difficoltà salariale, out perché è scomparso pure il ceto medio.
Il Pilato di turno per cavarsi di impaccio cita a sproposito il teatrino della politica, senza capire che quel teatro politico, è vero quando agisce con coscienza, con le risposte che è obbligo dare alla società.
Il governo è caduto, è tempo di ritornare alle urne, in bell’ordine e numerosi, poco importa se in barba alla valorizzazione delle differenze, nella legittimità di vivere il proprio impegno in modi diversi, dimentichi delle capacità di ognuno per un progetto comune, finalmente capace di dialogare e gestire i conflitti che quelle differenze provocano.
Al voto, al voto, al voto.

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