Ai quattro cantuni, di Fausto Giuliani
Questo libro composito, ricco grazie alla scrittura, alle illustrazioni, ai detti popolari, al dialetto che l’autore Fausto Giuliani ha dosato rendendolo comprensibile pure a chi non è di Colonna, ma non alterando né la grafica né la dizione vernacolare con le cadenze tipiche del luogo; questo libro, dunque, ritrae un paese vivo, è la pittura di un popolo, la sociologia d’un’epoca resa nel magma del ricordo. In tal caso il dialetto ha una doppia funzione: quella documentaria e quella gnomica.
La nostra vera e prima lingua è il vernacolo, come dimostra la filologia e come scrivono i grandi poeti (da Leopardi e Belli). Infatti, la lingua italiana, nazionale, nasce da un dialetto, quello toscano. La parlata gergale è anch’essa un monumento, ma immateriale, a differenza delle vestigia in pietra o dei resti murari. L’anima di una “gens” è racchiusa nel vernacolo, e l’autore sa gestirlo magistralmente nelle sue brevi storie che rivivono grazie alla sua bravura di narratore e di poeta. Chi, come il sottoscritto, studia i gerghi dei Castelli, si accorge subito delle forzature: qui non ci sono.
La piacevolezza di questo libro consiste dunque in diversi fattori, che i colonnesi potranno meglio di me cogliere nelle storie e nei detti, godendo delle illustrazioni e delle foto che rafforzano il documento e completano la scrittura. Per me la questione si interseca con il gusto mio peculiare per le parlate locali. Noto, infatti, che tanto i lemmi quanto i sintagmi, tanto le frasi idiomatiche quanto i dialoghi, vivono di luce propria. Le persone diventano talvolta “personaggi”, per cui tra le righe si tocca un’atmosfera che sta fra la piccola storia esterna e quella interiore: una sorta di bassorilievo che la sapienza dell’autore stacca del tempo e rende presenti – in tal modo – le cose e gli accadimenti pur nella realtà delle date trascorse. D’altronde, Manzoni prima e Tolstoj dopo si posero il problema della grande e della piccola storia, riflettendo sulla verità seguente: le “res gestae” non esprimono i moti dell’animo degli eroi d’ogni giorno, tacciono il folclore e il fuoco della vita quotidiana con le sue contraddizione, le speranze, i dolori e i ripensamenti. Insomma, chi scrive i fatti del paese o del villaggio colma i vuoti della Storia, la quale parla solo di guerre e di alleanze, di potere e di inganni per ottenerlo. In questa chiave di “risarcimento delle memorie” bisogna leggere il libro di Fausto Giuliani.
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