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“Affari di cuore” di Paolo Ruffilli – 2/2

Giugno 15
22:00 2012

Affari di cuore è dunque porta d’accesso all’oltre dell’amore incompiuto e rincorso, configurando più livelli che, sfiorandosi, delineano il mancato amore finalizzato ad altro. Amare la persona sbagliata, la meno adeguata, andare contro il proprio istinto riequilibrando poi il tutto nel moto dissociato sollevato diviene dunque strumento di mutamenti e palingenesi dell’essere finalmente consapevole ed elevato. Ruffilli ne traccia abilmente il percorso, fatto tanto di un continuum tessuto attraverso una sensitiva percezione coniugata alla speculazione razionale, quanto di un divenire proiettato ad incubare un futuro amore, il germe di un qualcosa che, in realtà, ancora non c’è, ma già dà tutta la dimensione di essere assai più grande nella stessa portata d’imponenti rovine incombenti.

Un’archeologia dell’anima dove la poesia già lascia intravedere quel che, nei fatti, più che la descrizione di un solenne amore inesistente è viaggio tra scavi in atto, “affari di cuore” quale premessa per un divenire. La traccia di tutto questo è ben insita a partire dalla sezione delle Canzonette della passione amara : “che io le piaccia/senza amore/è una ferita secca/con minimo dolore/nella mia vita/ma a tratti dilagante/ed infinita”. “Il massimo/che si poteva fare/io l’ho fatto”. “Dici di volere/solo la mia pelle/e che a tirarti/è la mia carne”, “di te, io prendo tutto:/anima e corpo”. Appare nitido il distinguo fra il concedersi di un’amante adagiata in ambigua sorte (“la verità è che/non ti piace/rinunciare/né a me né agli altri/compreso tuo marito/e ci pretendi/in proprietà/del tuo destino”) e la forza del poeta che ne divelta zolle d’amore segnando un solco profondo: “ho cominciato/già a dimenticarti/con un’altra/che mi è piaciuta/e mi si è data/generosa/tutta quanta”, “l’ho chiamata/con il tuo nome/e lei ridendo/mi ha detto/di sentirsi amata” e “allora l’ho voluta/per davvero”. Un “davvero” che va oltre ogni frase di rito ed è di già capace d’imprimere un’ipoteca di verità accertata sul futuro. Dal “mi ti concedi a rate” stillato sull’altrui pazienza e sofferenza affiora infine l’amore come esigenza non più contingente: “mio volere solo/l’assoluto”, “spinta urgente/a resuscitare/da questo mio morire”, perché “con te ho sempre perso/appena cominciato” e, “perdendo, mi sono ritrovato”. Dalle porte sbattute in faccia emerge puntuale una sconfitta che, se si è in grado di abbracciarla con autentica dignità e ponderazione, è catarsi e apertura al ritrovarsi che conduce alla verità ultima delle cose senza decadere in anestetiche forme di nichilismo. “Sei tu che/mi hai cacciato/fingendo/di essere la preda/e nel mio prenderti/mi hai catturato”. “Sei tu/che mi hai voluto/ e mi hai lasciato”, “confessa/che nell’amare me/ami te stessa” sono inequivocabili sequenze che schiodano infine i sensi di colpa abbandonandoli incustoditi sull’altra sponda. “Sapevo tutto/già in partenza” è un riesumare, per ultimo, il primigenio istinto, quel che spesso a una primo approccio rimane inascoltato. Chi ama, dunque, “è coraggioso:/esce allo scoperto/in pieno giorno,/rinuncia alle difese”, s’evolve quindi il cosiddetto “gioco amoroso” da “guerra di posizione” in un sapere più consapevole e profondo, “riconsegnando al tatto/tutta la sorpresa della vita”. Quel che è stato prende forma per quel che è: una tappa di vita, necessario incidente di percorso, strumento per andare oltre. “Era destino/che mi piacesse/un’arrivista/un po’ borghese”. Ora è finalmente chiaro che “c’è chi trova/ogni volta ragioni/per ricominciare/e chi invece, sospinto/vede a ogni svolta/tutto inutile/e uguale”. Ne consegue che ognuno sceglie e sviluppa il proprio destino oppure lo sospende e demanda. L’amore è parola che resta e talune frasi, talvolta, non a caso restano incise sulla pietra resistendo a intemperie e millenni, come questo epigramma inciso su un muro a Pompei: “Quisquis amat valeat./Pereat qui nescit amare,/bis tanto pereat quisquis amare vetat” (“Stia bene chiunque ami,/muoia chi non è capace di amare,/due volte muoia chi vieta d’amare”). Non è pertanto una semplice coincidenza che l’ultima sezione di questa raccolta sia quella del “mercato dell’amor perduto”. “Così mi è stato chiaro/finalmente/che anche di più/ho amato/proprio chi amando/ha rinunciato” è la riflessione postuma sull’amor perdente e mai perduto, quello che ci insegna l’amore vero e ultimo nella tangibile prova di chi, finalmente, all’amore e al suo trionfo è pronto. (fine)

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