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A teatro, due madri e un secolo di vita

Aprile 20
13:07 2015

Il più bel secolo locandina«Nel nostro paese c’è una legge, tutt’ora in vigore e unica in Europa, che vieta ai figli non riconosciuti alla nascita, detti in gergo “N.N.”, di venire a conoscenza dell’identità dei genitori naturali se non dopo aver compiuto 100 anni. La commedia racconta l’incontro tra Giovanni e Gustavo, due N.N., rispettivamente di 34 e 99 anni e il loro divertente, ironico e dissacrante viaggio alla ricerca delle proprie origini».

Lo spettacolo, il penultimo della rassegna invernale a Villa Sora, Frascati, è sostenuto da FAEGN (Associazione Nazionale Figli Adottivi e Genitori Naturali) e dal Comitato per il diritto alla conoscenza delle proprie origini biologiche.
Lo spunto per la commedia è dato dalla legge che impedisce a chi non conosce i propri genitori di poterlo fare se non al compimento dei…100 anni! Lo spunto sembra restare tale in questa frizzante piece a due: Giorgio Colangeli, volto televisivo e cinematografico fra i più noti, è Gustavo, scaltro anziano di 99 anni e sei mesi che partecipa ai social e posta foto a raffica on-line; Francesco Montanari, amatissimo ‘Libanese’ della serie televisiva Romanzo Criminale, è Giovanni un ragazzo tranquillo, quasi ‘bloccato’ dalla correttezza che i tempi di conformismo vogliono nei confronti d’ogni più piccola iniziativa personale. Così lo scaltro Gustavo ha gioco facile a prendere in giro questo personaggio educato e riflessivo che poi finisce per diventare suo complice in qualche ‘spericolata avventura’ tra cui l’andare a frugare armati di torce negli archivi bui dell’ospedale Gemelli per cercare con largo anticipo i documenti di nascita che anche Giovanni dovrebbe aspettare, secondo la legge in vigore, tanto a lungo. Giovanni è tranquillo ma non è un allocco e intuisce che la frizzante ironia di Gustavo si presta a nascondere quel po’ di solitudine che non può stare lontana chissà quanto da un centenario ricoverato in una casa di riposo, con scarsi amici, quasi tutti allettati e sorvegliati da badanti. Le due condizioni scatenano battute a raffica e i due attori conoscono tempi comici perfetti, la platea, neanche a dirlo, è ben disposta alle battute in romanesco così lo spunto iniziale della storia resta un bel po’ sullo sfondo. Il teatro, però, è principalmente strumento di catarsi e nel secondo tempo dello spettacolo il dramma torna: Gustavo scopre che sua madre, donna di umili natali, non una romana di sette generazioni come lui avrebbe sperato è, nemmeno a dirlo, defunta; l’anziano è vissuto nel segno del cogliere l’attimo ma le proprie origini ritrovate lo commuovono, specialmente davanti alla tomba della genitrice, le cerca un fiore, chiede silenzio, rispetto. Forse nel primo tempo ci si è appoggiati troppo sulla disponibilità del pubblico presente; forse la scrittura dei giovani Alessandro Bardani e Luigi Di Capua s’attarda troppo su situazioni facili, fra cui la fidanzata di Giovanni, la brava Maria Gorini, che cerca di risvegliare in lui un po’ di orgoglio facendo leva sull’atteggiamento più che vissuto di Gustavo. Qualche lungaggine e l’idea, fastidiosa ma presente, che sarebbe stato davvero liberatorio ridere di cuore assieme a questo energico nonnetto sulla sedia a rotelle, se nel frattempo non fossero passati vent’anni d’altrettanti vecchietti un po’ troppo scatenati, fanno scricchiolare uno spettacolo che, seppure commedia, per dire qualcosa avrebbe dovuto concedere un po’ meno alla battuta facile. Gli attori, che ci sanno ben fare, hanno salutato col garbo che li contraddistingue una platea resa felice, e certo non è poco di questi tempi.

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