A Roma in marcia il popolo delle agende rosse
Lo scorso 26 settembre si è svolta a Roma una marcia, senza bandiere di partito, per la verità sulle stragi mafiose del 1992-93: strage di Capaci contro il giudice Falcone, strage di via D’Amelio contro il giudice Borsellino, le bombe fatte esplodere a Firenze e a Milano. La marcia, promossa da Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso a Palermo insieme agli uomini della sua scorta, ha visto l’adesione di diverse associazione della società civile italiana. Un corteo di persone provenienti da tutta Italia si è snodato lungo le strade da piazza Bocca della Verità a piazza Navona, gridando forte lo slogan “Fuori la mafia dallo Stato”, e l’altro “Fuori la verità sull’agenda rossa di Paolo Borsellino”. Quel pomeriggio sono giunta nell’assolata piazza Bocca della Verità mentre centinaia di libretti rossi venivano distribuiti, dietro un libero compenso, a quanti ne facevano richiesta. Dovevano simboleggiare l’agenda rossa del giudice Borsellino fatta sparire subito dopo l’attentato in via D’Amelio. In copertina si legge: “Paolo Borsellino e l’agenda rossa – a cura della redazione di 19 luglio 1992.com”. Alcuni capannelli di persone si sono già formati intorno a chi viene intervistato dai giornalisti. Ascolto qua e là le interviste. Intercetto l’ex pm Luigi De Magistris, oggi europarlamentare, mentre dice: «Dobbiamo capire le responsabilità delle stragi, specialmente quella di via D’Amelio, dobbiamo capire perché la mafia dopo il 1993 abbandona la strategia militare e si istituzionalizza, dobbiamo capire le collusioni con la politica, e ancora perché si crea Forza Italia, dobbiamo capire poi come e perché si è arrivati a fare leggi, come l’abolizione delle intercettazioni telefoniche e lo scudo fiscale, che finiscono per favorire la mafia. Chiederemo per questo al capo dello Stato di non firmare la legge sullo Scudo fiscale». De Magistris rispondendo ad un giornalista che gli chiede chiarimenti dice: «Con le bombe del 1992-93 non lo Stato ci ha guadagnato, ma alcuni funzionari che hanno aiutato a non far uscire la verità su quelle bombe». Scorgo Salvatore Borsellino che lancia forte lo slogan “Resistenza” ed in molti gli rispondono “Resistenza”. Mi avvicino per sentire cosa dice ai giornalisti: «Le indagini che stanno facendo le procure di Palermo e di Caltanissetta sulle stragi di mafia del 1992-93 mirano a far venire fuori la verità sulla trattativa tra mafia e Stato, di cui aveva parlato mio fratello prima di essere ucciso. Forse più parti politiche allora stavano dentro quella trattativa ed oggi le medesime sono d’accordo a non far uscire nulla allo scoperto su quegli accordi tra Stato e mafia. Quando è stato ucciso Paolo è stato anche per sottrargli quell’agenda su cui aveva annotato tanti segreti sull’infiltrazione della mafia all’interno della magistratura, dei Servizi segreti e dello Stato. Secondo Berlusconi oggi le procure di Palermo e Caltanissetta stanno tramando contro di lui. Ma non è così! Per questo ho voluto questa manifestazione per stare dalla parte di quei magistrati onesti e coraggiosi, come Antonio Ingroia, Sergio Lari e tanti altri, che lavorano in mezzo a mille ostacoli, visto che la Politica cerca di fermarli, come ha già fatto con Luigi De Magistris, Clementina Forleo e altri. Sono convinto, poi, che oggi lo Scudo fiscale sia un grosso favore a potenti organizzazioni criminali. È grazie a questo riciclaggio di Stato che la mafia oggi sta rialzando la testa». Ed a proposito dello Scudo fiscale mi viene in mente il fatto che questo governo ha vinto le elezioni anche grazie al fatto che Tremonti in televisione aveva parlato di Finanza etica, promettendo che non ci sarebbero stati più condoni. Anche i più noti economisti recentemente si sono dichiarati contrari a questo ennesimo condono. Ad esempio, il professore della Bocconi, Tito Boeri, ha lamentato che la legge sullo scudo non è solo un regalo ai soliti evasori fiscali, che si potranno mettere in regola con il fisco italiano pagando un misero 5%, ma è una vera e propria amnistia per molti gravi reati societari, con la garanzia dell’anonimato. Si tratta – egli dice – di un incoraggiamento a delinquere. All’estero il rimpatrio di capitali sottratti al fisco è accompagnato, invece, da operazioni di trasparenza che costringono gli evasori a rivelare la propria identità, la provenienza dei capitali da rimpatriare e il come questi capitali sono stati portati nei vari paradisi fiscali. Inoltre all’estero gli evasori devono pagare molto di più. Per fare un esempio, negli Stati Uniti non si paga il 5% bensì il 49%, di cui il 35% è la tassa per la sanatoria e il 14% è la sanzione per l’evasione fiscale. Tornando alla marcia delle agende rosse, un corteo di circa 2000 persone (si può vedere sul blog di Benny Calasanzio) si muove finalmente per sfilare lungo le strade di Roma. Noto in prima fila (insieme a De Magistris ed a Borsellino) anche l’europarlamentare Sonia Alfano (vittima di mafia) e l’ufficiale di polizia giudiziaria ed esperto informatico Gioacchino Genchi, diventato famoso a seguito della sua testimonianza che – secondo quanto recita la sentenza del 3/7/2003 della V sezione penale della Corte di Cassazione – è servita a portare alla luce “carenze investigative non casuali che hanno condizionato l’intera investigazione sui grandi delitti del 1992”. «A casa la stampa serva del potere» grida la prima fila e poi tutto il corteo. Quando infine la marcia delle agende rosse giunge a piazza Navona ascolto alcuni interventi di persone con familiari uccisi dalla mafia, come Benny Calasanzio e Gianluca Manca, ma anche di altre persone che per aver fatto la lotta alla mafia hanno dovuto subire attentati. Anche l’imprenditore calabrese Pino Masciari denuncia che per aver fatto la lotta al pizzo diversi anni fa ancora oggi è oggetto di attentati mafiosi. Quanti piccoli eroi lottano ogni giorno contro l’illegalità, mentre oggi si parla addirittura di “riciclaggio di Stato”! Bruno Tinti, infatti, ex capo del pool criminalità economica della Procura di Torino ha lanciato l’appello al Presidente Napolitano, dalle pagine del quotidiano Il Fatto, affinché non firmi la legge sullo scudo fiscale, che definisce persino “strumento di illegalità”, una forma di “favoreggiamento nei confronti delle forme più gravi di delinquenza organizzata: traffico di droga, di armi, di donne, sequestri di persone e altro”. E mentre dal palco di piazza Navona si sente parlare ancora dello scudo fiscale (che servirà a non far scoprire chi ha pagato con i conti all’estero la corruzione dei politici) decido di andarmi a sedere su una panchina di marmo, accanto ad una signora con il viso affranto. Mi dice: «Che delusione sono stati i romani. Io vengo dalla Puglia per manifestare, ed i romani sono pochissimi. Penso che se ci fossero stati i partiti sarebbero arrivati in massa come pecore!». Vorrei consolarla, ma riesco soltanto a dirle che ha ragione.
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