A proposito della “identità cristiana”
In risposta all’art. “Così va il mondo” – pubblicato su Controluce – luglio 2012.
Da alcuni si è sottolineato come la scarsa rilevanza concessa dai media alle stragi di cristiani in Africa e altrove, come anche la sovraesposizione delle più recenti vicende interne vaticane, siano parte di una precisa strategia mirata alla “eliminazione di Cristo dal mondo”. Ma ugualmente poco si scrive di altri crimini contro l’umanità, tutta egualmente oggetto dell’amore del Salvatore: migranti morti a migliaia nel Mediterraneo o respinti a morire di sete nel deserto;
esecuzioni capitali in Cina ed in tanti paesi ancora; richieste di maggiore democrazia e libertà soffocate nel sangue; sperimentazioni che le grandi industrie farmaceutiche fanno su intere popolazioni ignare, …per citarne solo alcuni. Quanto poi alle storie del Vaticano non ci si può stupire più di tanto per l’attenzione che suscitano, atteso che la Chiesa si propone come interprete nel mondo del sublime messaggio cristiano, ma per sua stessa ammissione non pochi degli uomini che la rappresentano si macchiano di delitti infamanti. Non solo nella storia (crociate, inquisizione, roghi di intellettuali, evangelizzazione forzata in America del Sud con conseguenti terribili eccidi, ecc.) ma anche nel presente, con la piaga della pedofilia e della ormai in tanti casi innegabile vicinanza ad ambienti ed interessi malavitosi. Inoltre la mancanza di trasparenza degli organi vaticani spesso aggrava sospetti ed illazioni. Piuttosto è innegabile come nel mondo cattolico ed in quello laico si viva una vera “sindrome di accerchiamento”: da un lato si vede la religione minacciata dalla laicità dello stato, dall’altro l’attivismo politico della Chiesa sembra mettere in discussione i principi fondanti del moderno stato democratico: libertà di fede e di coscienza, libertà della scienza e, soprattutto, autonomia del diritto dalla morale.
La pretesa essenza cattolica della “identità nazionale” qualifica il cristianesimo come valore nazionale, strumento di governo della società, la sua immanenza nella politica. In questo ci sembra di cogliere un travisamento pericoloso.
Anzitutto, se si riduce l’identità a storia dovremmo mettere sullo stesso piano ed attribuire lo stesso valore alle nostre “radici” greche, la civiltà romana, l’Umanesimo, il fascismo e le stragi naziste, perchè questa è la nostra storia. E se non è possibile mettersi in discussione, per così dire “tradire l’appartenenza”, ne risulta un nazionalismo etico acritico e riduttivo, che vistosamente confligge con l’universalismo proprio della Chiesa, fortemente impegnata nell’azione missionaria che presuppone ogni persona ed ogni popolo artefici della propria identità. Un nazionalismo intransigente, aggressivo nei confronti dell’altro, del diverso, degli estranei che devono per forza uniformarsi per essere riconosciuti “cattolici” e quindi “cittadini”. Una storia antica che tanti delitti e lutti ha generato. Quanto poi considerare anche la civiltà europea come frutto esclusivo della tradizione cristiana ci sembra azzardato, a meno che non si intenda per cristianesimo la storia della Chiesa, che tanto ha segnato l’Europa con la strenua difesa del potere temporale. Infatti lo stato democratico è fondato sulla fiducia e sul rispetto reciproco, la pari dignità, la responsabilità, la giustizia, la tolleranza; tutto ciò attiene all’etica cristiana e quindi se ne fa discendere che “la democrazia è figlia del cristianesimo”. Ma cristianesimo è il messaggio evangelico o, appunto, la storia della Chiesa? Il Cristo non giustifica nulla che faccia violenza alla libertà, non obbliga nessuno, rifiuta l’imposizione sulla coscienza, il potere che costringe, le ricchezze che corrompono (Mt 4, 1-11; Lc 4, 1-13). La conversione non ha senso se non come atto di libertà della coscienza.
Eppure è innegabile che la Chiesa nei secoli abbia avversato la democrazia nel nome della autocrazia, esercitando l’imposizione piuttosto che il rispetto delle coscienze, usando la violenza in nome della fede, concedendo l’unica libertà di aderire alla “vera” religione. Paradossalmente le libertà, ricchezza e vanto dei moderni stati europei, sembrano nascere dalla contestazione dell’autorità della Chiesa, per taluni partendo proprio dall’essenza del messaggio evangelico, per altri da principi razionalistici ovvero a-cristiani o anche anti-cristiani. Dunque la storia d’Europa non è solo storia cristiana. Basti pensare al tema dei diritti umani. Per la tradizione cattolica, aristotelica-tomista, il diritto è l’ordine naturale oggettivo a cui l’individuo deve adeguarsi, in nome della giustizia. Per la filosofia moderna, iniziata con il Rinascimento, l’ottica si ribalta ed il diritto diviene prerogativa dell’individuo che autonomamente agisce nella società, in nome della libertà intesa come eguaglianza, pari dignità, pari diritti-doveri, che ha come limite la stessa dignità e gli stessi diritti-doveri dell’altro. Occorre riflettere che il cristianesimo non può identificarsi con una istituzione mondana, il suo messaggio si ridurrebbe ad una ideologia asservita ad un ordinamento costituito; la Chiesa è una sola realtà somma di un elemento umano ed uno divino, ed è questo che le permette di passare indenne attraverso gli errori dei suoi uomini. Pertanto la Chiesa, portatrice della dottrina cristiana, può giustamente vantare a pieno diritto di contribuire alla formazione delle coscienze; ma in nome della libertà e della tolleranza, in coerenza con lo stesso insegnamento, non può pretendere di imporre le sue scelte allo Stato democratico e quindi necessariamente laico.
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