A colloquio con il prof. Rino Caputo
…uno dei massimi critici letterari italiani contemporanei
“Crisi del romanzo” – “Pirandello e Kafka” – “La riforma dell’Università” – “A che servono i premi letterari”
Non è fortuna di tutti i giorni dialogare a lungo con un personaggio del calibro del prof. Lazzaro Rino Caputo. Com’è prassi, nell’introduzione all’intervista si citano i fatti salienti della vita e del pensiero dell’intervistato. Per Caputo mi serve uno spazio supplementare, poiché niente di quanto ora scrivo può essere tolto dalla protasi. Infatti, egli è professore ordinario di Letteratura Italiana nel Dipartimento di Studi Letterari, Filosofici e di Storia dell’Arte dell’Università di Roma “Tor Vergata”. Membro ordinario dell’Arcadia e della Dante Society of America e del Centro nazionale di Studi Leopardiani, ha svolto lezioni e seminari, oltre che in vari atenei italiani, nelle principali Università nordamericane e britanniche, dell’Europa Occidentale e Orientale, oltre che dell’aria nordafricana e sudamericana. Un operatore, dunque, di livello mondiale. È “Assessor” (cioè esperto valutatore) del Consiglio di Ricerca in Scienze umane del Canada. Ha insegnato nella Scuola nazionale di Cinema di Cinecittà. Fondatore e già direttore del CICLI (Centro di Lingua e Cultura Italiana), dal febbraio 2003 al settembre 2007 è stato presidente nazionale della Sezione Didattica dell’Associazione dei Professori Universitari di Letteratura Italiana, del cui direttivo fa parte. Dal 2007 al 2012 è stato preside della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma “Tor Vergata”. Dal 2010 Presidente della Conferenza Nazionale dei presidi delle facoltà di Lettere e Filosofia delle università italiane. Dal luglio 2012 è Presidente del Centro Studi dell’Ars Nova Italiana del Trecento di Certaldo e, dal 2013, Delegato del Rettore per Accoglienza, Orientamento, Tutorato e Cultura dell’Università di Roma “Tor Vergata”. Questo, in breve, il curriculum dell’attività didattica e operativa del professore, ma le sue opere – numerose quanto importantissime sul piano della metodologia critica – fanno di lui un punto di riferimento obbligato degli studi esegetici su porzioni di storia letteraria italiana e soprattutto su autori – grandi e commentatissimi – quali Dante e Manzoni, Pirandello e soprattutto Petrarca, sul quale ha aperto un aspetto di comparazione con gli antichi e i moderni assolutamente inedito e che è una pietra miliare per chiunque voglia avvicinarsi o approfondire la “fortuna” del “Canzoniere” e dell’opera omnia di un autore che ha legato con i classici un discorso pre-umanistico cosciente. Su Pirandello, poi, credo che Caputo abbia detto cose nuove da un’ottica critica inesplorata (cito per tutti il recente libro “19 domande su Luigi Pirandello” edito dalla Società Dante Alighieri e curato da Valeria Noli). A quanto detto, aggiungerei un particolare non indifferente: la fitta attività di conferenziere del professore, i cui interventi sono scanditi da una chiarezza e profondità che affascina l’uditorio: e di questo sono testimone diretto.
Colloquio riassuntivo
– È vero che il mercato librario è in seria crisi? Perché?
L’aumento degli autori e la diminuzione dei lettori a che è dovuto?
Non c’è la crisi solo perché il cartaceo è sopravanzato sempre più dal digitale. Il libro è ormai (soltanto?) un prodotto e la sua esistenza dipende dalle rigide regole del mercato. È pur sempre una ‘merce’ speciale ma si configura sempre più come merce. E il pubblico dei lettori di libri, come si sa, è solo una parte della popolazione complessiva. Moltissimi sono coloro che, forse, riescono a leggere almeno un libro all’anno. Ma non di più.
– Cosa pensi della presenza straripante di romanzi?
Che c’è fame di racconto e moltissimi sono gli ‘scriventi’ che desiderano trasformarsi in Scrittori. E questo vale altresì per i ‘poeti’ e la poesia. Ma la crescita esponenziale di produzione narrativa non dipende soltanto dalle stimolazioni dell’industria editoriale, soprattutto della sempre più fitta rete di piccole case editrici locali. C’è da notare, paradossalmente, l’aumento di coloro che possiedono gli strumenti di base della scrittura, i tanti ‘istruiti’ che …’sanno scrivere’ ovvero ritengono di avere la competenza del testo scritto…Ad esempio, e lo dico col massimo rispetto, gli insegnanti, i professionisti, e così via.
– Dice qualcuno autorevole che oggi non è possibile “storicizzare” gli autori e le opere.
Nei nostri difficili e complicati anni si è consumata l’idea della ‘fine della storia’, quasi auspicata, dopo il 1989, all’indomani della fine della guerra fredda tra i blocchi contrapposti. L’11 settembre, e tutto quel che è capitato poi nel mondo, ha confermato che, come ricordava Giovambattista Vico, sono le azioni umane che fanno la storia. Oggi, in letteratura e arte, si è teorizzato addirittura un ‘neostoricismo’ adeguato al presente. E si badi ancora al cosiddetto storytelling, che non può farci dimenticare il buon vecchio Alessandro Manzoni, sempre attuale, coi suoi componimenti misti di ‘storia e di invenzione’!
– Tu sei, fra l’altro, un grande studioso di Pirandello. Ha ragione chi afferma che lui e Kafka sono i più significativi autori del ‘900?
Non credo che sia necessario formare una sorta di hit parade del primo Novecento. Certo, ad esempio, a mio avviso, Pascoli, Svevo, D’Annunzio e Pirandello hanno diritto a essere considerati autori dello stesso rango di tanti altri che si esprimono in inglese, francese e tedesco e nelle altre lingue europee. Per dirla con Calvino, sono classici che continuano a parlarci. Pirandello e Kafka hanno, forse, il merito di aver visto lontano, fino ai giorni nostri.
– Fra le tue numerose (e fondamentali) opere, quali consiglieresti ai giovani appassionati?
Forse Cogitans Fingo, il mio primo libro su Petrarca, che già dal titolo vuole unire, attraverso l’autore del Secretum e del Canzoniere, Agostino a Leopardi e alla poesia contemporanea. E poi il mio libro sul “piccolo Padreterno”, cioè Pirandello. E la mia ‘lectura‘ del canto XVII del Purgatorio dantesco, il canto centrale della Commedia, il canto della pace tra gli uomini di buona volontà. E il mio prossimo libro…
– Nella tua lunga, pluriarticolata carriera di docente universitario, preside di facoltà etc., hai qualche ricordo decisivo per la tua attività?
Nei tardi anni Settanta e nei primissimi anni Ottanta (gli “anni di piombo”) mi sono occupato protagonisticamente e attivamente di riforma dell’università, sottraendo tempo prezioso alla ricerca. Di ciò non mi sono mai pentito, perché gli sforzi di allora, contro l’opportunismo corporativo e contro l’estremismo catastrofista, permettono ancora oggi di difendere l’istituzione scientifico-formativa dagli assalti distruttivi di chi non ha interesse alla libertà di insegnamento, di ricerca e di proficuo rapporto con la società civile.
– Quali personaggi conosciuti da vicino ti hanno influenzato maggiormente?
Maestri diretti e indiretti come Arcangelo Leone de Castris, con cui mi laureai con una tesi sui romanzi di Pirandello; Francesco Orlando, nobilissimo e coltissimo fondatore, in Italia, dei rapporti tra psicoanalisi e critica letteraria. L’Amico Dante Della Terza, italianista di Harvard, studioso di Dante, De Sanctis e di tutta la letteratura Italiana. Ma, come dice il mio Petrarca, ci sono i personaggi conosciuti oltre il tempo: De Sanctis, Gramsci, Auerbach, Genette…….
– Ami la musica? Quale genere? E la pittura?
Da piccolo avevo cominciato a suonare il pianoforte, ma poi la maestra se ne andò e io sono divenuto soltanto un ascoltatore. Di ogni musica, con propensione per i cantautori poeti. Insomma, la musica della poesia e la poesia della musica
– Cosa pensi dei premi?
Servono al mercato editoriale e servono agli scrittori. Lo dico con rispetto, senza aristocratica prevenzione.
– Che hai in cantiere?
Dante, Pirandello e, forse, una riflessione sul secondo Novecento, fino a noi. Ma sono anche disposto a farmi sollecitare dalla realtà artistico-culturale che arriva senza farsi preannunciare.
Molto chiaro ed efficace come sempre, fa parte del suo stile di dialogo e di scrittura…..