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Una parte del territorio di Monte Compatri rientra nel DOC Frascati che a sua volta rientra nel DOC Roma. Le restanti terre del Comune di Monte Compatri appartengono invece al DOC Monte Compatri che era prodotto e imbottigliato con tale denominazione dalla Cooperativa Cantina sociale di Monte Compatri. Attualmente, l’edificio dell’ex Cantina sociale, prima in disuso da anni per fallimento e poi acquisito da privato (vendita effettuata dal liquidatore), è inattivo. Così inizia il terzo incontro a cena: spaghetti al tonno e baccalà con patate al forno per secondo. Il vino bianco di produzione locale. Tra i commensali, Manlio, Sandro, Ruggero, Angelo, Agostino, Pietro. Tra una chiacchiera e un’altra, una battuta: “il baccalà, cibo dei poveri, oggi è dei ricchi”, per l’elevato prezzo. In realtà, il “baccalà” ha prezzi differenti in base al fatto se il merluzzo è trattato con metodo del sotto sale (baccalà) o dell’essiccamento all’aperto (stoccafisso) ma comunque, tutti e due necessitano dell’ammollo per giorni: il primo per eliminare il sale, il secondo per riacquistare consistenza. La produzione del vino destinato alla Cantina sociale (bianco), era realizzata con l’uva prodotta dal “vignaròlu”, dove anche la parte in eccedenza (se non si vendeva il vino autonomamente o non si utilizzava per uso familiare) era portata alla Cantina previa prenotazione della quantità pattuita da destinare. A livello politico, la politica locale seguiva la politica nazionale (due rappresentanti al Parlamento italiano ha espresso Monte Compatri). Trebbiano, Malvasia, Bellone veliterno, Bombino, “lu bellu” tra i vitigni bianchi che si coltivavano. Poco rosso. Per vendemmiare, si utilizzava anche il “mastéllu a due”.  A Monte Compatri erano realizzate le botti dal mastro bottaio detto in dialetto “lu bottàru”. In riferimento alla Fontana dell’Angelo, si è ricordato che le attuali colonnine in pietra sperone erano tutte omogenee, poi furono tolte per un periodo e rimesse nella maniera attuale. Un accenno alla “Villetta” (Parco Calahorra): è stata realizzata negli anni ‘89/90 dall’allora sindaco. Menzionata la figura della “sensala” (mediatore) con cappello nero e la scritta “affittasi appartamenti”, in riferimento alla sua attività che era praticata nel periodo estivo nei confronti dei villeggianti. Un’altra battuta: “Nun sete boni a fa er vino!” in riferimento al fatto che, attualmente, i produttori locali in proprio sono pochi e il mestiere si è interrotto in riferimento al passaggio da generazione a generazione. Si è parlato poi di beccacce e palombacci: “Il miglior punto alla Madonnella”, ossia un luogo tra la Collina degli Asinelli e Monte Salomone, dove nel banco di roccia vulcanica ivi presente è posta una nicchia con la statuetta della Madonna, e il fatto che il tordo si alza la mattina dal bosco per trovare da mangiare e la beccaccia fa il suo contrario, in quanto a comportamenti utili al cacciatore per cacciare. In zona, oggi Parco Regionale dei Castelli Romani, si cacciavano il cinghiale, la lepre e il fagiano. Della lepre nessuna presenza è stata segnalata; mentre è stato visto il lupo. In riferimento alle grotte vinarie, d’inverno, quando il vignaròlu non lavorava, poteva capitare che esse fossero ampliate (da alcune -cave- si estraeva la pozzolana). In riferimento al baccalà, un commensale ricorda che, negli anni ’60, in tempi di congiuntura economica, s’invitava dalla tv a mangiare baccalà. Il fuoco acceso? Al caminetto. A fine cena, i presenti si sono scambiati gli auguri natalizi.

Foto: la Fontana dell’Angelo con donne che trasportano l’acqua utilizzando le conche.