‘900 Monte Compatri: chiacchierando al ristorante
Sera d’inverno al ristorante e Covid a zonzo. Quattro persone intorno ad un tavolo vicino “Al caminetto” (due Pietro, un Antonio, un Alessandro e lo chef che si aggiunge a fine lavoro -presente anche un tavolo di tre persone adiacente-). Si ordina, si chiacchiera, si mangia (spaghetti e pizza). Poi inizia il racconto “a voci incrociate”… I carretti portavano il vino a Roma che proveniva dalle vigne dei compatresi. A scuola? Si andava a piedi. Le strade del Paese erano lastricate in sanpietrini e quelle di campagna in terra battuta. Borsa in mano di cartone pressato e, in base alle possibilità, in pelle. Alle elementari il grembiule era blu per i maschietti con il colletto-fiocchetto bianco e bianco con colletto-fiocchetto azzurro le femminucce. I primi banchi di classe di legno con porta calamaio e pennino. Una lavagna. Le classi composte da una ventina di persone e il castigo era porsi dietro alla lavagna, uscire dalla classe o qualche bacchettata sulle mani. I giochi? I maschietti giocavano con la fionda, cerbottane, archi, spade in legno, pistole e i giochi erano ruba bandiera, nascondino, quattro cantoni, a tappetti (tappi delle bottiglie), fare a botte, etc. Durante l’estate a Monte Compatri c’erano i villeggianti: i compatresi gli affittavano le case ma c’erano anche diversi alberghi come Renzi, Villa, Paradiso su Roma, Carloni. E poi il marciapiede pieno di tavoli del bar-pasticceria (forniva i dolci alle trattorie) e le trattorie piene: Pezzola, Polenta, Diana, Silvano, Pantalone, Giacomino, Zì Moro, Da Ugo, Marco dell’Asso… Da Polenta i tavolini coprivano il Belvedere (veduta su Roma). Nelle trattorie si trovava la cucina romana: agnolotti, cannelloni, fettuccine, gnocchi, stracciatella, minestrone, trippa, bistecche, coda alla vaccinara, abbacchio, torte e ciambelle. Il Paese era pieno anche di osterie che vendevano il vino locale agli abitanti e villeggianti. L’economia era basata sull’agricoltura, la vigna ( presso Pratarena c’era la Macchia del Piantato con alberi da frutto), poi c’erano gli artigiani (es. falegnami dove alcuni costruivano le botti), operai, impiegati e maestri. E poi le cave (Sperone e leucitite che forniva sanpietrini). Un luogo particolare? Monte Salomone. La “Villetta” era accessibile, curata, frequentata da villeggianti e i ragazzini ci giocavano. I ragazzi consumavano le merende in cantina e si allestiva una sala da ballo in qualche locale. Il cameriere, il barista, in campagna (le opere) erano lavori anche stagionali. Il Milleluci: locale al centro del Paese, d’estate si ballava e poi in seguito divenne trattoria-pizzeria. A San Silvestro, adiacente al Convento, c’era il bar di “Cantachiaro”. Aperto solo l’estate, lavorava fornendo gelati e bibite a compatresi e villeggianti. Invece, nel prato di fronte al Convento, i villeggianti facevano scampagnate. Nel Convento ci furono l’erboristeria e il seminario. I cinema: Splendore posto dove oggi sorge la farmacia e il Cinema Italia presso l’attuale Tinello Borghese. Il proprietario dei cinema era lo stesso e i film prima erano proiettati al cinema Splendore e poi il giorno successivo al Cinema Italia. D’estate c’era il cinema all’aperto presso Borgo Missori, dove oggi sorge il parcheggio. La politica? Le elezioni erano ricche di macchine con altoparlanti che proclamavano: “Vota e fate votare!”, ossia la frase tipica di tutti i partiti. I comizi? Con camion in piazza pieni di manifesti, bandiere e comizi. Le musiche di partito: Bandiera rossa (PCI -Partito Comunista Italiano-) e O bianco fiore (DC –Democrazia Cristiana-). E poi c’erano le sezioni di partito: DC, PCI, PSDI, PSI, PRI, MSI… In un periodo c’era “La Torre”, gruppo che come simbolo aveva la torre, dove un furgone andava in giro per il Paese con una grande torre in cartone. La Befana: distribuivano, dentro sacchetti di carta, dei giocattoli all’interno della sala cinematografica, dove il regalo era una sorpresa. Monte Compatri fu anche set cinematografico, nel senso che diversi film furono girati e alcuni hanno avuto come set sia San Silvestro che il Centro storico. Don Narciso: alle elementari insegnava religione. Prete amato dai compatresi, si preoccupava delle persone che non stavano bene e le andava a trovare. Quando doveva recarsi a Frascati, s’incamminava a piedi ma qualche compatrese gli dava sempre un passaggio. Tra le feste, oltre a quelle di partito come quella dell’Amicizia o dell’Unità, c’erano quella della Madonna del Castagno con giochi della pilaccia, albero della cuccagna (un palo ricoperto di grasso alto metri dove erano fissati sulla cima generi alimentari come prosciutto, salsicce e anche denari, cui si accedeva tramite un gioco di squadra: uno sopra l’altro) e la corsa dei sacchi e poi la festa di S. Giuseppe Patrono di Monte Compatri, dove si allestiva la fiera degli animali, carri con gli animali e molta partecipazione. Per un certo periodo è stato facile anche trovare ordigni bellici. Oggi non più presente, c’era “la pensilina”, la stazione dei pullman (STEFER, Zeppieri) con sala d’aspetto e un ufficetto all’interno per servizi vari. Monte Compatri ha avuto anche la ferrovia. Le uscite “fuori porta” dei ragazzi in gruppo si basavano con una sola macchina. Le storielle d’amore? Il mancato coraggio del ragazzo verso la ragazza che, quando finalmente lo trovava, un accenno di ballo e poi la ragazza rispondeva: “Ce devo pensà!”, magari prendendo consiglio in casa per un eventuale fidanzamento. Ogni tanto nasceva qualche matrimonio riparatore… e poi c’erano i soprannomi. Le persone si conoscevano tutti per soprannome, dai nomi e cognomi meno. Tra i soprannomi, il significato di alcuni è intuitivo, c’erano “Caca la lira”, “Vocca de sorricchiù” (caratteristica della bocca per analogia a uno strumento di lavoro), l’ombrella (per via della perdita dell’ombrello e del dirlo pubblicamente e ripetutamente), “Checchino mezzu migliò” (per via del mancato pagamento di una somma di denaro dietro prestazione eseguita), “Rusciu ‘mponta” (per via della punta del naso rossa), “Cellìttu”, “Sette capocce” (per via del fatto che erano sette fratelli), “Bellu de mamma” (per via degli elogi che la mamma rivolgeva al figlio)… Un’astrazione dal particolare, di una peculiarità soggettiva che connotava la caratterizzazione. Questi soprannomi folcloristici sono importanti perché veicoli d’informazioni: lira, falcetto, rapporto materno, stati d’animo, prole numerosa, condizioni fisiologiche… Storia locale. In sostanza “Lu Monte”… La vita era più semplice.
Foto: Pietro Catoni e altri compatresi scolari in gita a Rocca Priora. La località fu raggiunta a piedi, con il maestro Arduino Pucci, e seguì la raccolta di giunchiglie (Natura).
spaghetti e pizza e un regalone per tutti noi lettori di ogni età!