89,7 giga-tonnellate di CO2 in meno da una gestione più efficiente degli impianti di condizionamento
Entro il 2060, la domanda energetica per il raffrescamento supererà quella per il riscaldamento. Le nuove tecnologie aprono nuove opportunità per ridurre costi ed emissioni.
La temperatura del Pianeta Terra si innalza e la domanda di raffrescamento cresce, creando ulteriore margine per l’aumento del riscaldamento globale: vogliamo “rinfrescarci” e, paradossalmente, ci “riscaldiamo” ancora di più. La buona notizia è che la diffusione su vasta scala di tecnologie innovative consentirebbe di ridurre l’impatto ambientale del mercato. La sola gestione più efficiente degli impianti di condizionamento esistenti porterebbe da sola al risparmio dell’emissione di ben 89,7 giga-tonnellate di CO2 e al contenimento dell’aumento di 1°C del riscaldamento globale entro il 2100. È quanto emerge dal Global Opportunity Report 2018, la nuova edizione dell’annuale studio condotto a livello globale da DNV GL – Business Assurance, dal Global Compact delle Nazioni Unite e da Sustainia.
Il condizionamento consuma il 17% della domanda globale di energia elettrica
Attualmente, il condizionamento dell’aria e il refrigeramento rappresentano il 17% della domanda globale di energia elettrica. Solo negli Stati Uniti, il condizionamento dell’aria porta all’emissione di 117 tonnellate di anidride carbonica ogni anno. Nonostante i sistemi di raffrescamento siano diventati più efficienti nel tempo, ad oggi essi utilizzano una significativa quantità di energia, comportando una domanda di elettricità ingente. Inoltre, l’aria condizionata emette gas fluorurati, che hanno un impatto potenziale sul riscaldamento globale addirittura superiore a quello del CO2.
Il valore del mercato del condizionamento dell’aria nel mondo è stimato in più di $24 miliardi entro il 2020 e 1,6 miliardi di nuove unità saranno vendute entro il 2050. La domanda energetica per il raffrescamento aumenterà del 72% nel solo continente europeo entro il 2030 e supererà quella per il riscaldamento entro il 2060.
Raffreddare i data center: un mercato da $14 miliardi
Un polo importante della domanda di raffrescamento globale è costituita dai data center, centri di immagazzinamento dei big data densi di tecnologia che, nel processare l’enorme mole di informazioni, genera una altrettanto ingente mole di calore. I data center richiedono rilevanti masse di refrigeramento: il mercato del raffrescamento di questo tipo di edifici aumenterà di più di $14 miliardi entro il 2021 a un tasso di crescita composto (CAGR) del 15%.
Un condizionamento dell’aria diverso: si aprono nuove opportunità
Le tecnologie di raffrescamento ad oggi più comuni e diffuse sono per la maggior parte sorpassate e fortemente inquinanti. La loro razionalizzazione su vasta scala e lo sviluppo dell’innovazione tecnologica del segmento rappresentano quindi per le aziende una grande opportunità di rendere il mercato del condizionamento dell’aria più sostenibile. Le più recenti innovazioni tecnologiche nel campo, come ad esempio l’utilizzo dell’energia solare termodinamica, che sfrutta l’energia solare per il raffrescamento degli edifici, permette di consumare dal 30 al 90% in meno rispetto all’aria condizionata tradizionale. Gli impianti a raffrescamento solare sono già diffusi in città come Vienna e Copenaghen. Nelle strutture commerciali di tutti gli USA, soluzioni di accumulo termico sono utilizzate per evitare picchi di carico di domanda, permettendo la produzione di raffrescamento a meno della metà del costo originale e riducendo le emissioni di anidride carbonica fino al 96%.
In contesti cittadini, la pianificazione urbanistica sta avendo un ruolo crescente nella riduzione della necessità di costosi sistemi di refrigerazione. In India, dove il raffrescamento rappresenta il 40% della domanda di elettricità in alcune città, si stanno diffondendo prodotti che imitano i processi di evaporazione naturale delle piante a fronte di un input energetico minimo, in grado di diminuire la temperatura dell’aria di 6-8°C.
“La crescente richiesta di condizionamento è principalmente dovuta alla concentrazione della classe media nelle aree urbane – ha commentato Luca Crisciotti, CEO di DNV GL – Business Assurance. – Nelle città, l’utilizzo di condizionatori può aumentare le temperature di più di 1°C localmente, peggiorando il fenomeno delle isole di calore, secondo cui si determina un microclima più caldo all’interno delle aree urbane cittadine nei confronti delle aree circostanti, a prevalenza rurale. Il Pianeta, però, ci impone di trovare soluzioni più intelligenti, più “smart”, per soddisfare questa nostra esigenza. Per esempio, impianti di condizionamenti dell’aria che sfruttino l’energia del sole, con una riduzione del consumo di elettricità fino all’85%. Sono soluzioni già esistenti: ora dobbiamo imparare a sfruttarle su vasta scala.”
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