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8 marzo per le donne che lottano per la propria indipendenza

Marzo 30
11:03 2015

speciale di Fatima Mafhud in rappresentanza delle donne saharawi che è intervenuta per parlare della situazione saharawi dal punto di vista storico e politico. E’ stato poi mostrato un documentario sulla cultura saharawi, in particolare sulle donne. Prima della presentazione del progetto “Orti solari familiari” Roberto Salustri, presidente della cooperativa Reseda onlus, ha fatto una breve introduzione anche sulla realtà dei Mapuche e delle donne curde. Questo perché si è voluto mettere in risalto le condizioni di vita di popoli in cui soprattutto le donne ma anche gli uomini lottano per la propria indipendenza e per difendere la propria terra. I Mapuche, secondo dati del 2002, sarebbero circa 604.349, vale a dire appena il 4% della popolazione Cilena, mentre circa 300.000 vivono sull’altro versante delle Ande , in Argentina. Inoltre, a causa della perdita delle proprie terre, molti Mapuche ora vivono in condizioni miserevoli in grandi città come Santiago . Ad ogni modo, la resistenza di questo popolo in difesa delle proprie radici continua, soprattutto contro le multinazionali che operano su territori legati alla tradizione spirituale Mapuche, e contro il paradosso di leggi anti-terrorismo nate durante l’epoca della dittatura di Pinochet e che invece vengono ancora usate, di frequente, contro i capi della comunità Mapuche. I discendenti Mapuche dunque vivono attualmente lungo i territori meridionali di Cile e Argentina; alcuni mantengono le proprie tradizioni e continuano a sostenersi attraverso l’agricoltura, ma una crescente maggioranza si è trasferita nelle città in cerca di migliori opportunità economiche. In anni recenti, tornata la democrazia, se da un lato c’è stato un tentativo da parte del governo del Cile per stemperare alcune delle iniquità del passato – attraverso, per esempio, il riconoscimento dell’insegnamento del Mapudungun, il linguaggio dei Mapuche, nella zona di Temuco, ed interventi a favore della tutela della loro cultura – dall’altro è la maggioranza dei Mapuche a dichiararsi non solo insoddisfatta, ma addirittura ancora vittima di cocenti discriminazioni, incluso il ricorso ad arresti arbitrari. Per questo motivo, rappresentanti delle organizzazioni Mapuche si sono unite alla Organizzazione delle Nazioni e dei Popoli non rappresentati (UNPO) in cerca di riconoscimento e protezione per la loro cultura ed i loro diritti territoriali. Un altro popolo in lotta per difendere la propria libertà e la propria terra è il popolo curdo. Roberto ha proseguito l’introduzione al discorso sul popolo saharawi passando poi ad esaminare la situazione che si è determinata a Kobane e che ha visto centinaia di donne curde combattere per la difesa del loro territorio contro l’Isis. Nel suo discorso ha voluto precisare quanto sia stato difficile per le combattenti riconquistare il proprio territorio ricordando il coraggio di queste donne che lasciavano i propri figli al confine con la Turchia per andare a combattere. Dalle immagini mostrateci abbiamo anche potuto soffermarci sulla bellezza di un territorio come il Kurdistan e sulla mancanza di diritti umani che ormai vengono violati da decenni dalla Turchia in questa terra in cui si mescola tanta bellezza a tanta crudeltà. Parlando del ruolo delle donne nelle unità di combattimento curde è facile fare poi un collegamento con l’importanza che ha il ruolo della donna anche nella cultura saharawi. La donna infatti per i saharawi, come ci dice anche Fatima Mafhud, militante saharawi, è considerata “la signora” dai Saharawi: mentre il marito è fuori casa è lei che si occupa dell’educazione dei figli ed è sempre a lei che spettano i compiti più importanti nella società saharawi. Nel documentario che abbiamo visto hanno parlato diverse donne saharawi militanti, incarcerate, torturate e umiliate ma sempre e comunque donne che mostravano il loro coraggio e la loro forza. Come nel documentario anche Fatima Mafhud nella sua testimonianza ha ricordato il mancato referendum per l’indipendenza e l’autodeterminazione del popolo Saharawi, promesso dall’Onu, a causa del rifiuto del Marocco a mantenere le promesse fatte e di conseguenza la lancinante “attesa” durante la quale questo popolo continua a sopravvivere in tendopoli da circa quarant’anni a questa parte nonostante la promessa del referendum, non ancora mantenuta a causa degli enormi interessi economici della Francia, della Spagna e del Marocco. E’ stato molto toccante il discorso di Fatima che ha parlato di una responsabilità molto forte da parte dell’Europa a quel che sta accadendo in tutta l’Africa del nord. La serata è proseguita con l’intervento di Caterina Rosolino che ha spiegato l’intento del progetto “Orti solari familiari”: non solo far sì che Reseda onlus possa tornare a realizzare orti solari in un’aerea come il Sahara occidentale in cui ce n’è davvero bisogno, per far in modo che il popolo saharawi possa essere indipendente nella produzione di cibo fresco, ma cercare di realizzare degli orti solari anche nelle scuole italiane (che si faranno promotrici del progetto “Orti solari familiari”) che possano poi essere gemellati con quelli saharawi! E’ una grande sfida e aspettiamo solo che tanti bambini e maestre si appassionino al progetto per poter partire con questa avventura…
Per info sul progetto scrivere una e-mail a peaceispossible8@gmail.com

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