8 marzo. Niente da festeggiare.
Conosco un piccolo scritto, una frase, molto bella che dovrebbe essere appesa in maniera visibile all’entrata di tutti gli edifici pubblici e privati; in ogni aula scolastica, magari al posto del crocefisso che sta lì per antica consuetudine e che forse si spolvera come un vecchio sopramobile una volta l’anno (sfido i buon cattolici a chiedere ai nostri ragazzi se conoscono il significato vero di quella croce); in ogni aula di tribunale, prima della scritta “La Legge è uguale per tutti”, in ogni bar, come manifesto pubblicitario al posto di slogan volgari e di pessimo gusto, e così via. All’entrata di ogni centro commerciale, che continuano a spuntare ovunque e sono diventati oramai l’unico posto che molti, troppi giovani e giovanissimi frequentano.
E’ una frase facile da capire, almeno credo, disarmante per la sua semplicità e grandezza, è come un postulato geometrico dal quale poi derivano logicamente tutte una serie di altre frasi, enunciati, leggi….. Frase pensata, riflettuta, dibattuta e infine scritta circa 64 anni fa. Vecchia? No, assolutamente attuale, perché troppe volte non considerata, disattesa, non compresa fino in fondo. O forse, troppo ben compresa da coloro i quali hanno deciso di usare questa esistenza per soddisfare il proprio Ego in maniera assoluta e indiscutibile. Qual’é? “Tutti gli esseri umani nascono uguali in dignità e diritti”. Ma che c’entra questo con l’8 marzo di cui volevo parlare?
Forse perché uguale dignità e diritti sono ancora un sogno in Italia per esempio, dove ogni tre giorni viene uccisa una donna per mano del proprio partner. E il caso Italia è arrivato all’Onu che attraverso la sua responsabile per la violenza contro le donne, Rashida Manjoo, parla anche per il nostro paese di femminicidio. Brutto neologismo, e brutta parola perché significa distruzione fisica, psicologica, economica, istituzionale della donna in quanto tale. Il termine è stato coniato per la prima volta nel 2009 quando il Messico fu condannato dalla Corte interamericana dei diritti umani (sempre loro tra i piedi!) perché 500 donne furono stuprate ed uccise nel 1993 nella totale indifferenza delle autorità.
Oh certo in Italia non siamo a questi livelli, ma cosa pensare delle uccisioni delle Stefania, Daniela, Mariya, Silvia Elena, Evelina, Marianna, Rita, …..tanto per citare solo alcuni nomi, età da 14 a 80 anni, ammazzate perché hanno rifiutato un bacio, perché lui le voleva tanto bene che non la poteva lasciare andare via, perché si sono rifiutate di avere rapporti sessuali, perché lui era semplicemente geloso……Fenomeno inarrestabile gli episodi di violenza all’interno delle famiglie e su dieci vittime, sette sono donne. Numeri impressionanti: secondo i dati della Polizia e dell’Istat una donna su 4, nell’arco della vita, subisce violenza, e negli ultimi nove anni, ha stabilito un rapporto dell’Eurispes, «il fenomeno è aumentato del 300 per cento». E questo non vuol dire che la donna ancora e troppo spesso è considerata cosa propria, per cui il suo aguzzino si sente legittimato ad usarla per proprio uso e consumo e quindi decidere anche della sua vita? Questo è rispetto? Questa è parità culturale? Questo è essere uguali in dignità e diritti?
All’ospedale San Camillo Forlanini di Roma dove esiste uno sportello anti-violenza, con assistenza anche notturna, le testimonianze rese dalle vittime di lesioni o percosse “parlano di incidenti domestici o cadute accidentali” (purtroppo sempre più adolescenti ne sono coinvolti); perché c’è paura di denunciare e quindi di subire ancora più violenza famigliare. Non è solo una questione di costume ma anche di diritto: la legge non ci tutela abbastanza e sebbene molti comportamenti criminosi siano previsti e sanzionati dal codice penale, spesso rimangono largamente impuniti (ricordate quella sentenza della Cassazione secondo la quale gli autori di uno stupro di gruppo non meritano il carcere?) E’ anche per questo che in Italia sta per nascere la figura di un avvocato specializzato solo nella difesa delle donne. Per non parlare poi di come le donne subiscano disparità nell’ambito del lavoro per quello che le fanno o non le fanno fare, del salario inferiore che prendono, delle difficoltà che incontrano se si vogliono sposare e che dico, avere un figlio! Ognuna di noi ha mille esempi da portare. E come viene trattata la donna nella pubblicità? Un tempo le femministe, che erano donne indignate e agivano di conseguenza, coprivano alcuni manifesti con la scritta “Questa pubblicità offende la donna”. Oggi siamo tanto abituati a “tette e culi” in primo piano che neanche li vediamo! Io ancora mi indigno e mi arrabbio! Per questo non voglio “festeggiare” l’8 marzo. Festeggiare cosa, poi?
Ricordiamoci piuttosto il perché questa data e perché è diventata la giornata della donna! Semmai dovrebbe essere un giorno di dibattiti, discussioni, tavole rotonde su quello che c’è ancora da fare perché i diritti della donne sono diritti umani! Quindi, per favore, niente minose.
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