Mostri crematori
Un’area di servizio, un contenitore di tutti gli scarti di Roma, questo sembra essere il progetto costruito a tavolino per la Provincia di Roma, con l’avvallo degli amministratori di zona. Dalle discariche, agli “eco distretti”, passando per gli impianti a biomassa, a biogas, e poi a biometano, fino ad arrivare al compostaggio industriale, l’attenzione ed il mercato sembrano concentrarsi, ora, sui forni crematori. Due in progettazione ed uno in fase di realizzazione, il tutto nell’arco di 10 chilometri circa. Il triangolo della morte. A Gallicano nel Lazio, precisamente nella tenuta di Passerano, si erge, imponente, il progetto di un mega cimitero da 120.000 loculi con annesso forno crematorio, per un paese che conta appena 6.000 anime. A San Cesareo, nel mezzo di un imbarazzante quanto programmato silenzio istituzionale, un forno crematorio che brucerà almeno 4 salme al giorno, avendo già superato la conferenza dei servizi, presto sommerà il suo fumo a quello dell’adiacente bitumificio. Ma la vera gallina dalle uova d’oro questa volta la troviamo, o meglio la SOCRIT S.R.L. sembra averla trovata, a Rocca Priora. Un mostro crematorio (definito tempio) che si rivolge ad un bacino di utenza di oltre 5 milioni di abitanti per servire le province di Roma, Latina e Frosinone. Un minimo di 6 salme bruciate al giorno fino ad un massimo che non è dato sapere. Rocca Priora sale sul podio dei vincitori e, con la medaglia di bronzo, si aggiudica il terzo forno, in ordine di grandezza, del Lazio. Tale trofeo si andrebbe a collocare, ad eterna memoria, nel vincolatissimo parco regionale dei Castelli Romani, a poche centinaia di metri da quello di San Cesareo, già in costruzione. Il comune, in un CONSIGLIO COMUNALE molto partecipato, dribbla la richiesta di 3 consiglieri della minoranza relativa ad una doverosa e preventiva consultazione cittadina e, con superbia, affonda il colpo approvando il progetto, camuffandolo sotto le mentite, e oramai troppo soventemente abusate, spoglie dell’opera di pubblica utilità. Ci chiediamo, però, per chi sia la pubblica utilità… Non regge l’ipotesi, a dir poco fantasiosa, lanciata dal sindaco in sede di consiglio, relativa ad un immaginario e immaginifico rilancio turistico del paese. Non regge neppure il sorprendente sogno di dare lavoro al popolo, visto che l’impianto crematorio darebbe impiego solamente a tre tecnici altamente specializzati. La pubblica utilità non non è scorta da lontano neppure dai cittadini che, battaglieri, si sono presto costituiti in un Comitato Promotore, il cui scopo è la raccolta delle firme necessarie per indire un referendum abrogativo della contestata delibera. Ancora una volta l’interesse privato sembra avere il predominio e, calando dall’alto come fatto compiuto, si materializza dinanzi ai cittadini che, ancora una volta, si ritrovano a dover difendere il proprio territorio dai molteplici attacchi devastatori. Ancora una volta la mancanza di una progettualità lungimirante e complessiva, rinforzata in questo caso da un pesante vuoto normativo in materia, si prende gioco delle domande che, spontanee, nascono sulla bocca di tutti: a cosa servono tutti questi forni crematori? I complottisti, questa volta a ragione e con macabra ironia, potrebbero paventare l’imminente scoppio di una terza guerra mondiale, o la rapida diffusione su scala nazionale di una epidemia letale, o chissà cosa ancora. Quante volte, ognuno di noi, dovrebbe morire per infornare salme nelle fauci dei draghi? Perché l’unico sviluppo concepibile dai nostri amministratori continua ad essere la raccolta delle briciole lasciate da imprese private siano essi palazzinari, progettisti o fantomatiche e neo costituite società a responsabilità limitata? Perché, anche in virtù dei finanziamenti disponibili per le APEA (attività produttive ecologicamente attrezzate) non si produce insieme agli stessi cittadini una idea diversa di sviluppo del territorio che ponga in rilievo le bellezze naturali, paesaggistiche, storiche, culturali ed archeologiche? Perché non vengono considerate le reali esigenze del paese e dei suoi abitanti, ma tutto viene sovradimensionato con lo scopo di fare cassa? Perché, prima di porre in essere progetti così grandi ed impattanti non vengono consultati i cittadini? Cambiano nomi, progetti e progettisti (e neppure tanto, tutto sommato), ma le dinamiche e di conseguenza le nostre domande, continuano ad essere sempre le stesse.
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