25 settembre 2022, una data che segnerà forse una svolta epocale
L’Inno di Mameli noi ragazzini degli anni Quaranta lo cantavamo per la Festa della Repubblica nella palestra della scuola e il cuore ci scoppiava per l’orgoglio di piccoli italiani tutti affratellati e uniti sotto la stessa bandiera. Di storia ne sapevamo ancora troppo poco e ci sfuggiva il senso di certi riferimenti, ma la musica ci cadenzava il respiro ed era difficile restare a piè fermo sotto quella sferzata di fierezza.
Si cantava anche la Marsigliese nel nostro francese approssimativo, allora lingua ufficiale, e pure lì in certi passaggi quasi sussurrati prima di farsi canto di battaglia un groppo ci stringeva la gola ma petto in fuori ingoiavamo lacrime.
Noi sapevamo di Scipione l’Africano che aveva battuto i cartaginesi e il terribile Annibale; sapevamo che cos’è la vittoria così come sapevamo cos’è la sconfitta, sulla base dei nostri giochi in cui non si conoscevano vie di mezzo: o vincevi o perdevi, secondo regole severamente rispettate e fatte rispettare. Non capivamo bene il significato di “le porga la chioma” (la dea Vittoria) che ‒ ci fu spiegato in seguito ‒ era destinata (la vittoria) al popolo italiano per volontà divina. C’era poi il brivido dei versi scanditi con la potenza di un giuramento eroico ‒ “Stringiamoci a coorte/ siam pronti alla morte/ l’Italia chiamò” ‒ e quelli si capivano bene, salvo confondere la coorte con il cortile, e ci mettevano strizza ma senza darlo a vedere; e poi quella strofa che ci faceva fremere e ribollire di sdegno il giovane sangue:
“Noi siamo da sempre/ calpesti, derisi,/ perché non siam popolo,/ perché siam divisi./ Raccolgaci un’unica/ bandiera, una speme:/ di fonderci insieme/ già l’ora suonò”.
Ed era qui che volevamo arrivare: poteva mai immaginare il patriota Goffredo Mameli che le parole del suo “Canto degli Italiani”, scritto in pieno clima risorgimentale,
ancora ai giorni nostri sarebbero state così drammaticamente attuali?
Ma allora forse la Storia non fa altro che scimmiottare se stessa nei secoli dei secoli, senza mai prendere lezione delle passate sanguinose batoste, prese e date, senza esclusione di colpi e senza la Pietà che l’è morta ‒ e non da oggi ‒ sotto il cumulo delle macerie e delle fosse comuni di ogni sporca e spudorata guerra che ricopre le sue vergogne con brandelli di bandiere e di corpi maciullati sotto il giogo di una tirannide che si chiama guerra per la guerra, e che vinca il più abietto e inumano dei mandanti e suoi sostenitori?
Basta così, era tanto per dire. E tutto resta da dire.
Domenica 25 settembre 2022 si saprà di che stoffa è fatto il popolo italiano. E che il dio di tutti ce la mandi buona. Non tanto per noi, avanti negli anni, che facciamo parte di un trascorso esecrabile e dunque corresponsabili ognuno nella sua misura, tenuto conto che le omissioni pesano esattamente quanto il malfatto, quanto per i giovani e le generazioni a venire cui si sta togliendo pezzo per pezzo il minimo disegno di vita e di futuro, senza dimenticare i nostri padri, traditi e scherniti in tutte le loro convinzioni e negli ideali sostenuti e tramandati anche a costo della propria vita.
Io voto, per diritto di libera cittadina e per dovere civico. 25 settembre 2022, una data che segnerà forse una svolta epocale.
tratto da Catellinotizie.it
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