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25 APRILE 71° anniversario del Giorno della Liberazione

Aprile 26
21:18 2016

Nella storia della Repubblica italiana ci sono alcune date fondamentali che non devono mai essere dimenticate. Sono le date simbolo che raccontano la passione di un popolo nel ritrovare la libertà perduta, nel risorgere e compiere finalmente il cammino verso la propria autodeterminazione.

 

L’Italia incominciò a muovere i primi passi verso l’unità nazionale nel Risorgimento, attraverso gli scritti di grandi poeti, letterati, statisti, i cui ideali si trasferirono in seguito negli uomini di azione: politici, attivisti, militanti che diedero la vita per arrivare a formare lo stato moderno che oggi conosciamo.

 

Con il 25 aprile, Giorno della Liberazione dall’occupazione nazi-fascista e della riunificazione dell’Italia, il cammino fu ultimato a livello politico. Non ancora a livello istituzionale.

 

Infatti come giustamente disse il Presidente Carlo Azeglio Ciampi, che elencò con grande lucidità le date salienti di questo percorso repubblicano: «8 settembre 1943, 25 aprile 1945, 2 giugno 1946, e infine, 27 dicembre 1947, giorno della promulgazione della nostra Carta Costituzionale: queste date segnano la sequenza con la quale il popolo italiano si è posto al centro delle istituzioni, ha ridato loro senso, con un atto di fondazione che, nel Risorgimento nazionale, si era consumato solo in parte e che con l’Assemblea costituente si è realizzato compiutamente».

 

Noi non dobbiamo mai dimenticare che il “mettersi al centro delle istituzioni”, come ha detto il Presidente Ciampi, fu un atto senza precedenti nella nostra storia. Prima di allora il popolo non era mai stato al centro delle istituzioni. Ne aveva fatto parte solo in lieve misura, attraverso un sistema di voto parziale – non universale -; oppure era rimasto ad assistere a governi che in nome dello stesso popolo lo escludevano di fatto.

 

“Mettersi al centro delle istituzioni” voleva dire (e vuole tuttora dire) che la responsabilità degli atti di una Nazione, il progredire a livello economico e sociale, l’essere capace a migliorare la vita di tutti i cittadini, difendere i più deboli dalle sopraffazioni, proteggere i propri confini, saper accogliere chi è disperso e senza patria, è nelle mani del popolo e di coloro che sono chiamati a rappresentare e a operare nelle istituzioni per conto del popolo.

 

All’alba del 25 aprile, coloro che combatterono per la nostra libertà repubblicana, che si erano scrollati di dosso il gioco del nazi-fascismo, ritennero che sì!, che l’Italia fosse pronta a prendere in mano il suo destino, a camminare da pari fra le altre grandi nazioni democratiche e a poter sedere da pari in tale consesso.

 

A distanza di 71 anni dall’alba radiosa del 25 Aprile, la responsabilità di mettersi al centro delle istituzioni è forse ancora più pressante, urgente e ineludibile. È ancora valida oggi, perché fa ancora parte dei nostri ideali e del nostro cromosoma di cittadini che si sono formati nel corso della Resistenza e della Guerra di Liberazione.

 

Gli albori sono sempre gli istanti migliori, in cui lo slancio morale, la capacità di azione e di reazione quasi da sole spingono nella giusta direzione. Oggi però quegli slanci ideali, che sono e saranno sempre validi, sono appannati e gli egoismi individuali rallentano il percorso di crescita della nostra nazione.

 

La crisi economica che ha investito il Paese e che ormai è diventata strutturale, e con la quale dovremo convivere per i prossimi anni, si è accompagnata, forse anche è stata facilitata, da una crisi del sistema politico, che ha aperto le porte alla corruzione, al clientelismo, all’affarismo, al tornaconto personale, piuttosto che al bene nazionale, allontanando il popolo e i cittadini dal centro delle istituzioni.

 

All’indomani di quel favoloso, emozionante, storico e fondativo 25 Aprile tutto questo non era contemplato, non era immaginato, non era di certo desiderato.

 

La data del 25 aprile deve dunque essere il momento di riflessione per eccellenza, per comprendere, e far comprendere, come il popolo, che con la lotta partigiana si era conquistato la libertà e il diritto di decidere quale direzione far prendere alla Nazione, è il custode delle istituzioni.

 

E noi diciamo qui con forza che va rimesso al centro dell’istituzioni il popolo, al centro dell’interesse della nazione i cittadini, operando:

 

  • per la dignità del lavoro, che è il principale volano della dignità degli uomini, rispettando così il primo articolo della nostra grande Costituzione.
  • per il rispetto per coloro che nel corso di una vita hanno contribuito a far crescere la nostra Nazione, e che si meritano una giusta una giusta e equa pensione.
  • per la possibilità di offrire opportunità di crescita alle nuove generazioni, dando loro un posto e una collocazione nella Nazione in cui sono nate, e non all’estero.
  • per una fiscalità equa, amica, progressiva, che non crei disparità e sacche di illegalità.
  • per una burocrazia snella, efficace, abile nel controllare con discrezione, senza rendere difficile la vita ai cittadini nelle loro quotidiane attività.

 

Temi fondamentali che oggi rivestono un’importanza capitale e che spesso sono sentiti come un giogo sui cittadini e che vanno sanati.

 

 

Adesso tocca noi Amministratori salvaguardare gli ideali che ci hanno portato ad essere una nazione libera, degna di stare accanto alle altre nazioni libere. Noi siamo il punto d’incontro tra il popolo e le istituzioni e abbiamo la responsabilità di far sì che il popolo, i cittadini, tornino ad essere al centro delle istituzioni.

 

Noi Amministratori, eletti per conto e in nome dei cittadini, dobbiamo lavorare e impegnarci ad ogni livello, per sanare gli errori che il tempo ha accumulato e far così riprendere il cammino virtuoso all’Italia. Dobbiamo fare in modo che lo Stato torni ad essere una casa comune dove tutti possano sentirsi accolti, compresi e aiutati, senza distinzione di genere, censo, razza, religione, così come vollero e pensarono i Padri Costituenti che trascrissero gli ideali del 25 Aprile nella Costituzione Italiana.

 

Ecco perché giornate come questa non sono un mero atto di ossequio formale. Non dovranno esserlo mai. Perché come ha detto il Presidente Ciampi, che abbiamo voluto prendere a modello e ad esempio per questo 71° Anniversario del Giorno della Liberazione dall’occupazione nazi-fascista e della Riunificazione dell’Italia:

 

«Questa celebrazione della festa del 25 aprile, durerà anche quando non vi saranno altre città martiri da inserire nell’albo delle medaglie d’oro della Repubblica, perché questo giorno è per noi insieme – al 2 giugno – il giorno in cui ritroviamo il senso più profondo dei valori della Patria».

 

Noi non sappiamo quante città possano essere insignite della Medaglia d’Oro. Sicuramente però sappiamo che ad oggi c’è un’altra città martire che si meriterebbe di entrare nell’Albo delle Medaglie d’Oro al Valore Civile. Questa città è Frascati, che molto ha perso sotto i bombardamenti dell’8 settembre 1943, una di quelle date fondative citate dal Presidente Ciampi. Anzi la data che diede inizio alla Guerra di Resistenza e che si concluse appunto con la Liberazione.

 

Oggi, grazie alle ricerche e ai nuovi studi di nostri concittadini, possiamo sapere molte più cose di quelle che si sapevano in passato. La ricostruzione storica degli avvenimenti che condussero a quel tragico e fatale giorno è più concreta e chiara. Nette le responsabilità politiche e militari, la sequenza dei bombardamenti, i danni che produssero, i gesti eroici della popolazione. E tutto fa capire come la nostra vicenda civica non sia diversa dalle vicende civiche che hanno investito altre città martiri, insignite del giusto riconoscimento per quello che gli toccò passare.

 

Per questo l’Amministrazione Comunale ha voluto accogliere le richieste di quei cittadini e di quelle associazioni che vogliono che sia presentata una nuova istanza per l’ottenimento della Medaglia d’Oro al Valore Civile alla Città di Frascati. Il cammino è avviato e l’auspicio è che possa concludersi con il giusto riconoscimento che tutti noi frascatani ci aspettiamo e che comunque ci meritiamo a prescindere.

 

Concludo dicendo che solo se torneremo a fare nostro quell’orizzonte di speranza che ha animato le brigate partigiane tra il 1943 e il 1945 e ha fatto loro sostenere enormi sacrifici per liberare l’Italia. Solo se applicheremo la loro stessa costanza, lo stesso impegno e la stessa voglia di servire e di far crescere il Paese, e di mettere al centro dei nostri interessi la Nazione e i suoi cittadini, noi potremo superare le attuali difficoltà e gli errori del presente per arrivare tutti insieme a realizzare un luminoso futuro.

 

 

Viva La Liberazione!        Viva L’Italia!        Viva Gli Italiani!

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