Panorama
Panorama ‒ dal Consumismo ai giorni nostri
da Questa terra che bestemmia amore ‒ Terza e ultima parte
“Panorama” si accampa davanti ai nostri occhi con tanti degli eventi, delle ragioni, degli strazi che hanno tormentato il ventesimo secolo e continuano a tormentare l’inizio del ventunesimo (Michele Tortorici)
E sfilano paesaggi
Conclusa un’epoca,
racchiusa dentro
l’albo
delle foto.
Generazioni nuove
si affacciano alla vita
puntando avanti.
La terra pregna di fatiche
antiche
non ha più voce
per richiamarli indietro.
I padri ammutoliscono
sconfitti.
Si parte per il nord,
con l’organetto in tasca
e una valigia
che non pesa niente.
Il treno corre
e sfilano paesaggi.
Una cartolina
Resiste il fico
accanto alla fontana,
la vite di moscato
lungo il viale,
il prugno fra il roseto
ingarbugliato.
Nell’orto la gramigna
spadroneggia,
i rampicanti corrodono
la casa.
Le anziane
sfilano in un canto
la corona,
gli uomini curvi
con la chioma bianca
prendono il sole
con le spalle al muro.
Aspettano pazienti
una cartolina.
Una storia inventata
Il tempo prende a correre
impazzito.
Si sale e non si scende
dal circuito.
Robotizzate le case
splendono inodori.
Le donne
escono presto per andare in fabbrica
vestite casual
un peso qui,
dove il cuore batte,
per i figli lasciati in altre mani.
Stasera racconteranno loro
una storia inventata.
Come fuochi fatui
Risuona l’Italia di clacson festosi.
Sorpassi si susseguono ai sorpassi,
lo status symbol il traguardo ambito.
La Dolce vita è un urlo di rivalsa
che spacca il tempo fra prima e dopo
il boom.
Il progresso lanciato come un bolide
lascia indietro chi non si mette
al passo.
I vecchi ammoniscono fra i denti
contro i rischi della modernità,
ma li zittisce il rombo dei Costellation
che seguono le rotte intercontinentali.
Tremano le lucciole residue
come fuochi fatui.
Come si allevano i polli in batteria
Rito di massa il camping
nel weekend.
Si parte per tornare
ricaricati
a molla.
Produrre e consumare
il nuovo ordinamento.
Tornare nel proprio appartamento
con doppio bagno
e salone ampio,
e un condominio severo
da caserma:
nel cortile non si gioca
a palla,
nei giorni festivi sosta vietata
a cani e bambini.
I pesciolini rossi
nell’acquario
girano in tondo annoiati e sazi.
Fanno vedere alla televisione
come si allevano i polli in batteria.
Spauracchi per i merli
Strepiti di guerra
scuotono il pianeta,
ritornello ossessivo
la conta dei morti.
Nebbia tossica e droga
avvelenano la vita,
spengono ideali.
Abbandonato ogni credo
s’insegue la via cosmica.
Le bandiere lacere dei padri
spauracchi per i merli.
Ubriacano i sensi
Filosofia dell’arte
e della scienza
impegna menti
eccelse.
Scientismo e coscienza
quiproquò insolubile.
Banditori di fedi
battono all’asta epifanie.
Taoismo
mantra e màntica
scacciano croci e chiodi.
Tattoos
colorano ferite,
l’apatia narcotizza
la vita.
Oscillano i padri
fra legge divina
e naturale.
Monodie e polifonie
ubriacano i sensi.
Stridenti nel cervello
Sgombro il cielo
di cervi e tappeti
volanti.
Indiani metropolitani
infilano perline
agli angoli delle vie
sognando il villaggio
ai piedi di Huando.
Il collettivo jazz
improvvisa poliritmie
dal gusto forte
negro-americano.
Disarmonie inspiegabili
stridenti nel cervello.
Navigando su Internet
“Era bello il mio ragazzo
col vestito della festa…”
batte in testa una canzone
e una pena
disumana.
Alienati dalla vita,
paradiso artificiale
annebbiato di diossina,
ci si slaccia la cintura
per un salto
di corsia
che non fa la differenza
e non dà nessuna
prova
della propria autonomia.
Si evade da pirati
navigando su Internet.
Speranze coltivate in laboratorio
Pittogrammi
falciano
campi di grano.
Coincidenze esoteriche
impegnano
astrologi e occultisti,
simbolismi
e alchimia
appassionano
sensitivi e profeti.
In altro campo
bionici progettano
organi
viventi,
l’ingegneria genetica
scombina corredi.
Ibrido d’innesto
produce mele
nere.
Fecondazione in vitro
speranze coltivate in laboratorio.
Vuota la cassetta della posta
Si attende la venuta degli
alieni
come allora il messia.
Avverso al proprio simile
l’uomo congettura stellari
alleanze,
approdi in remoti lidi.
Intanto chatta
e scrive sulla sabbia.
La mailbox intasata,
vuota la cassetta della posta.
Senza vele e porto
La pop art trasforma in messaggi
la ferraglia
e spara a mitraglia
ammonimenti impliciti.
Musica pop si diffonde
e prospera
col suo linguaggio giovane
e ribelle.
Toccata e fuga
la messa a fuoco
di brancolamenti
fra mulini a vento
e reali impellenze.
Mutanti senza antenne
e cosmonave
appesi per il collo
a una chimera,
i piedi appena poggiati
sulla terra,
dondolanti come marionette,
i fili consunti dall’usura,
si attende il momento di cadere
per capire se è vero
che dopo ci sarà la risalita.
Intanto si viaggia con la luce
senza vele e porto.
Oltre la soglia di rischio
Allucinazioni proiettate
dalle menti isolate
combattute
con antidepressivi,
onirici messaggi
sottoposti a analisi.
Soggetti bordeline
studiati al microscopio
come funghi,
nessuno che li guardi mai
negli occhi.
L’accidia si dipinge
sulle facce
con il colore itterico
e le sue pieghe amare.
S’alzano i valori del sangue
oltre la soglia di rischio.
Come moscerini
Chiusi i confessionali,
si cercano invano
assoluzioni.
Sel-help
lanciati da parete
a parete
rimbalzano nel cranio
fatto vuoto.
Strette negli alveari
famiglie nucleari
tessono legami
doppi.
La fobia dei ragni
rattrappisce i nervi.
Il male oscuro
teorema conturbante
senza assiomi.
Insofferente,
il gatto di casa
si lucida gli artigli.
Sotto la cappamagna
volano basso
i pensieri
come rondini
a sera.
Voli low cost
fitti come moscerini.
Contro l’orrore delle stragi quotidiane
Si gratta e non si vince.
L’azzardo è tutto nel gioco
della lotteria.
Slot machines abbaglianti
piovre.
Grandi discorsi di etica
e morale,
eutanasia
clonazione
diritti umani,
chiacchiere sconnesse
da salotto,
rovello tormentoso
senza uscita.
Fanno share
gli specialisti delle varie
branche
gettati a corpo morto
nella zuffa.
Shopping terapia
contro l’orrore delle stragi quotidiane.
L’impotenza d’amare
Neonati abbandonati
miagolano come gattini ciechi,
piccoli rom arsi nei container
sfiammano scintille crepitanti.
Trans e clandestini
materia prima
per una caccia grossa.
La città non tollera miserie,
ai margini respinge ogni bruttura.
Nelle baracche sature di radon
si beve acqua all’arsenico e vino
al metanolo,
si suda nelle brande
nude
il raccapriccio di esistere.
Si consuma sotto i ponti
l’impotenza d’amare.
Cercando un nido e una pozza
Guerre a coltello
fra le mura di casa,
per le strade
i vicoli
i quartieri.
Lo stupro missione giornaliera.
Aids e Hiv
danzanti maschere
di un macabro Halloween.
In un retromondo popolato
di incubi
si urla a labbra strette
lo sgomento.
Scorre il fango dai fianchi
delle montagne glabre,
si asciugano le vene d’acqua
succhiate a dismisura.
Pigolano gli uccelli
cercando un nido e una pozza.
La bibbia rilegata in cuoio
Arredi d’ambientazione
hawaiana
rivestono le case
di fioriture abnormi.
Aria viziata
d’incensi e spezie,
luce fluorescente,
porte e finestre a chiusura
stagna,
insonorizzate le pareti.
Souvenir viventi
condividono spazi,
il pitone srotola pigro
le sue spire
sul parquet incerato,
l’iguana
immobile sul ramo
socchiude maestosa le palpebre
sul suo sguardo verde,
la scimmietta fa il verso
al pappagallo.
Nella vasca piranhas
divorano tigri di carta.
L’Ecce homo di Nietzsche
aperto alla prima pagina
del prologo
mostra evidenziato in rosso:
Rovesciare gli idoli.
Troneggia sul leggio
la bibbia rilegata in cuoio.
Bocconi che sembrano rubati
Dove sono finiti i ladri
di fiori,
la guerra delle arance,
i gelsi e le libellule?
Dove sono finite le preghiere
sgorgate dai cuori semplici
e puri,
il grazie alla Natura per il grato
sapore
del pane spezzato?
Amaramente si portano alla bocca
bocconi che sembrano rubati.
Invocano i saggi l’uragano
Rettili sotto spirito
aironi imbalsamati
bozzoli secchi
farfalle sfarinate,
soggetti per disegni
di scolari.
Si specchiano i cieli in occhi
tumefatti,
ristagnano i fiumi nei canneti.
Pioggia acida scotta colture,
invocano i saggi l’uragano.
Questa terra che bestemmia amore
Ancora e sempre una possibilità per un sogno di pace:
Immagine di Carla Nico
Non è dunque nel contesto del presente che Maria Lanciotti “sente” una speranza, ma in un “futuro” che è una proiezione filosofica più che politica o storica. La sua speranza sta cioè nella potenzialità catartica e imprevedibile della vita e della natura che ogni giorno rinascendo, si rigenera, ribellandosi, in qualche modo, ai pronostici infausti del nichilismo in cui siamo invischiati. (Leonardo Ciocca)
da Questa terra che bestemmia amore Edilet 2009, raccolta poetica suddivisa in tre sezioni ‒ Fotogrammi, Campo Lungo, Panorama ‒ che trae ispirazione dalle immagini fotografiche di Tarquinio Minotti.
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