Calcata. I racconti dalla città invisibile – Psicostoria dagli annali del borgo con riferimenti fantastici ma veri…
Mi sono accorto che su questo blog negli ultimi tempi ho trascurato molto di occuparmi di Calcata. Ho pensato di rimediare a questa carenza pubblicando questo testo. Un sunto cronologico per gli appassionati di dati storici con sprazzi psicostorici per gli amanti della fantasia… Comincio da quando Calcata prese il nome con cui è conosciuta…
Si narra che il capostipite degli Anguillara, la famiglia che regnò a Calcata fino alla metà del XVIII secolo, avendo ucciso un terribile drago che infestava la Tuscia meridionale, ricevette dal papa in dono tutto il territorio che riuscì a percorrere a cavallo in una giornata. Questa è una leggenda che, come tutte le leggende, non è suffragata da alcun documento.
Altre sono le testimonianze di insediamenti umani nelle colline circostanti e sul promontorio di Calcata. I più antichi reperti risalgono al Villanoviano, anche se sono stati rinvenuti resti di un’epoca più remota, 40 mila anni fa. Le ricerche archeologiche della Brítish School di Roma dal 1966 al 1972 identificarono resti di fondamenta in muratura, per edifici che dovevano essere di legno – nonché fori per pali nel tufo per altre strutture in legno, focolari, pozzi per la raccolta delle acque e delle derrate – risalenti all’ultimo millennio avanti Cristo e testimonianti l’importante insediamento di una popolazione del mondo proto-etrusco, i Falisci. (Vedi: https://www.controluce.it/notizie/archeologia-e-antropologia-la-mitica-fescennium-sparita-e-ritrovata/)
Il più antico nucleo di questo insediamento venne individuato ai piedi della collina che oggi si chiama Narce. La comunità, dedita all’agricoltura e alla pastorizia, si sviluppò e l’insediamento si estese alle colline della Pietrina, di Monte Li Santi e di Pizzo Piede. Un’opera muraria di notevoli, dimensioni è ancora oggi facilmente identificabile nel fondo valle dai resti di una struttura-viadotto che documenti di fine 1800 descrivono alta 30 metri e lunga 150. Questa struttura univa Narce a Monte Li Santi e venne tagliata negli anni `60 per far passare la strada provinciale Mazzano-Calcata. A partire dal 5° secolo a.C. i Falisci cominciarono a scontrarsi con l’emergente Roma. Lo storico romano Tito Livio narrò le vicissitudini dì quello scontro che, conclusosi nel 241 a.C. con la sconfitta falisca, vide la definitiva scomparsa di quel mondo e di quella cultura. Con ogni probabilità l’insediamento falisco interessò anche colline vicine, come quella su cui sorge Calcata e quella di Santa Maria, su cui ancora oggi si conservano i resti di una torre di avvistamento di epoca medioevale. (Vedi: http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.com/2014/05/la-rondine-della-valle-del-treja-come.html)
La tipica conformazione del promontorio roccioso che emerge dalla valle del fiume Treja, dalle pareti alte e ripide, con un solo punto di collegamento con il circostante territorio, oltre alla caratteristica non sottovalutabile che il villaggio risulta come sprofondato nelle colline circostanti e quindi “scopribile” solo da distanza ravvicinata, sono state sicuramente all’origine della scelta della località Calcata per l’insediamento umano in tempi successivi, quando l’Italia centrale divenne campo di incursioni barbare o semibarbare di agguerriti invasori: Goti, Unni, Saraceni, Longobardi, ecc.. All’intenso poi la roccia stessa su cui sorge il villaggio – il tufo – essendo materiale che si presta ad una facile lavorazione, permetteva, con la formazione di grotte, cunicoli e cantine, la creazione di magazzini per derrate e stallaggi per bestiame in caso di assedio. (Vedi: https://archivio.politicamentecorretto.com/2018/03/12/archeologia-e-antropologia-i-misteri-irrisolti-della-valle-del-treja/)
In origine, più che di villaggio, si deve parlare di fattoria – fundus – con una rudimentale costruzione in legno e muratura per il signore. Lavoranti e servi dimoravano nelle grotte che raggiungevano la sera dopo il lavoro nei campi e la cura del bestiame. Più o meno identico insediamento si deve essere verificato sulla collina di Santa Maria che intorno alla metà del 900 d.C. risulta già essere una postazione fortificata con un fossato e un muro di recinzione risalenti al 7°/8° secolo. Sembra essere questa località il centro del Castrum Sinibaldorum che in un atto del 1180 risulta di proprietà di Pietro e Ottone Sinibaldi. Già nel 1192 il Castrum, di cui Calcata faceva parte, risulta tributario della Chiesa nel Liber Censuum.
Nel secolo successivo, perdurando lo stato di disagio economico dei Sinibaldi, forse dovuto a guerra o a pestilenza, avvenne il passaggio del feudo dalla famiglia Sinibaldi a quella degli Anguillara. Il Castello dei Sinibaldi, ormai un rudere secondo il registro dell’esattore papale Lanfranco di Scano – 1291 – venne abbandonato. Un nuovo Castello viene costruito dagli Anguillara sul promontorio di Calcata, utilizzando come fondamenta i resti delle mura del periodo falisco. Con gli Anguillara, Calcata conobbe un periodo di relativa prosperità. Oltre al Castello, si provvide alla costruzione di opere più adeguate alla pericolosità dei tempi: una cinta muraria, una torre, una stretta e ripida rampa di accesso munita di bocche per lo scarico di sassi e acqua bollente sui nemici, con due porte, ad una delle quali viene agganciato un ponte levatoio, in uso fino alla metà del XIX secolo e di cui si possono vedere ancora i buchi attraverso i quali scorrevano le catene. (Oggi da questi buchi non vi sarà difficile vedere entrare od uscire piccioni o, a pieno rispetto di un patrimonio comune che andrebbe conservato e difeso, i cavi della Sip e dell’Enel…).
Il Castello non divenne però mai dimora ufficiale degli Anguillara che gli preferivano quello di Stabula o Stabbia, l’attuale Faleria. Notizie del Castello o del feudo di Calcata risultano sempre da atti notarili di donazione – 1352 –Ad inventario – 1363 – di permuta -1432-, di confisca, di vendita odi riacquisto tra i Sinibaldi e gli Anguillara. Allo stesso periodo risale l’edificazione della Chiesa, dedicata ai Santi Cornelio e Cipriano, tuttora patroni di Calcata. Questa Chiesa raggiunse una notevole fama verso la metà del XVI secolo, grazie al ritrovamento del Santo Prepuzio di Gesù, rubato durante il Sacco di Roma – 1527 – da un soldato lanzichenecco che in punto di morte confessò di averlo nascosto a Calcata. Accertata l’autenticità della reliquia – 1559 -, la Chiesa di Calcata divenne meta di pellegrinaggi e di visite apostolico – pastorali di vescovi, cardinali e pontefici con una sarabanda di concessioni di indulgenze plenarie che da quella di 10 anni nel 1584 di Sisto V venivano rinnovate più o meno a scadenze regolari di 10 o 7 anni, fino ad arrivare a quella del 1728 di Benedetto XIII che decise di concederla una volta per tutte, a perpetuità.
Naturalmente alla Chiesa pervenivano anche doni di reliquiari via via più consoni all’importanza e alla popolarità della.reliquia che sempre più manifestava la propria capacità miracolistica con addensamenti improvvisi di nubi profumate o scatenarsi di violenti intemperie con lampi e fulmini. Purtroppo queste proprietà miracolistiche non sono valse nel 1984 ad avvisare il parroco o i paesani di quanto qualcuno stava tramando per la misteriosa sparizione della reliquia. (vedi: http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.com/2013/06/calcata-furto-del-sacro-prepuzio.html)
La prima avvisaglia di una ridotta capacità economica degli Anguillara si ebbe nel 1642, quando i baroni pretesero che la comunità di Calcata provvedesse al restauro delle mura e del ponte levatoio. Nel 1725 un inventario del Castello la dice lunga sullo stato di abbandono in cui lo tenevano gli Anguillara. Ed infatti un atto notarile del 13.2. 1734 attesta che Carlo Anguillara ha venduto il Castello a Fabrizio Sinibaldi per 16.000 scudi. Nel 1793 Cesare Sinibaldi fece demolire alcuni edifici nella piazza antistante il Castello, per costruire un nuovo palazzo, sul cui portone ancora oggi è conservata la lapide commemorativa dell’edificazione. Negli anni successivi si ripristinarono le strade del borgo con ciotoli di fiume e si restaurò il Castello sia all’esterno che all’interno. Nel salone principale sulle pareti gli affreschi con lo stemma degli Anguillara e al centro del soffitto quello dei Massimo, duchi di Rignano, la famiglia che nel 1805 ereditò il feudo, avendo il Marchese Angelo Massimo sposato la Marchesa Sinibaldi. Negli anni ’80 e ‘90 del secolo scorso tutto il complesso del Castello cadde in uno stato di completo abbandono: per la maggior parte crollati il tetto e i solai, pericolanti le stesse strutture portanti: una testimonianza di storia italiana, un piccolo gioiello che si lasciò andare in rovina ma che fortunatamente venne in seguito acquistato dalla Regione Lazio e restaurato.
Nel 1817 il Marchese Angelo Massimo rinunciò ai diritti su Calcata e con l’elezione a “sindaco” di Leopoldo Ferrauti -un tempo fattore dei duchi- fa la sua comparsa questa famiglia senza titoli di nobiltà che giocherà un ruolo di primaria importanza nella vita del paese. È del 1819 il primo catasto grafico della zona, detto catasto gregoriano: avrà aggiornamenti nel 1832 e nel 1834. È del 1872 il primo catasto del Regno d’Italia. Risultano proprietari di beni in Calcata il Duca di Rignano Emilio Massimo e sua figlia Maria. Nello stesso anno inizia l’espansione fuori porta con l’edificazione di alcuni edifici, oggi per lo più adibiti ad abitazione. Nel 1875 donna Maria Massimo sposò Fabrizio Colonna. A partire dal 1889 ha inizio una notevole attività di escavazione archeologica nella zona intorno a Calcata, a cura del conte Adolfo Cozza, direttore generale del Ministero per le Antichità e Belle Arti. Per testimoniare i risultati delle ricerche, alcuni anni dopo venne pubblicato un volume che fu accolto da aspre critiche e dall’accusa ai ricercatori di aver trafugato parte dei ritrovamenti. Fu aperta un’inchiesta e fu provato che in realtà per ordine dello stesso Cozza oggetti di notevole valore erano stati nottetempo sottratti all’inventario per essere venduti privatamente. Nel 1899 con l’inaugurazione a Roma del Museo di Villa Giulia, una parte del materiale frutto degli scavi nella zona dell’Agro Falisco trovò ospitalità e una parvenza di sistemazione.
Nel 1909 con la morte del duca Emilio Massimo, il titolo si estinse, ma la figlia Maria ottenne con decreto il diritto di successione al padre. In un aggiornamento del catasto del regno d’Italia del 1925, risulta proprietario del feudo di Calcata il signor Giovanni Ferrauti. Nel 1932 venne inaugurato un ponte sulla strada che unisce Calcata a Faleria. Nel 1935 Giovanni Ferrauti, divenuto podestà, fa iscrivere Calcata tra i comuni beneficianti delle provvidenze di una legge per la Sicilia, Basilicata e la Calabria dei 1908 che prevedeva il “consolidamento di frane minaccianti ,abitati e trasferimento di abitati in nuova sede a spese dello Stato. Questa è una data importante nella storia di Calcata: raccontiamo la rocambolesca storia dì diritto che da questo decreto ebbe origine in una scheda a parte. Nel 1939 con la legge n. 1089 a tutela delle cose d’interesse artistico e storico e con la legge n. 1497 a protezione delle bellezze naturali, tutta la zona intorno a Calcata venne sottoposta a vincolo.
Nel 1940 si sciolse la confraternita di S. Giovanni e fu sconsacrata l’omonima chiesa nel borgo. Nel 1954 il Provveditorato alle Opere Pubbliche sollecita il Genio Civile a redigere il progetto definitivo del nuovo insediamento che aveva avuto una prima stesura nel lontano 1934. Nel 1959 viene ultimato il progetto del Genio Civile e ha inizio la lottizzazione. Il progetto prevede tra l’altro la costruzione dell’edificio comunale proprio nel punto in cui in località Vigna Grande nel 1600 era stato costruito un casale baronale. Verrà quindi demolito per far posto alla nuova costruzione e non sarà questa l’unica opera “benemerita” del Genio Civile nel 1960, come abbiamo visto, viene tagliata nel fondo valle una struttura di epoca falisca per far passare la nuova strada provinciale Mazzano-Calcata che nell’ultimo tratto poi diviene un vero e proprio viadotto un’opera che ancora oggi risulta di notevole impatto con l’ambiente circostante. (Vedi: http://www.circolovegetarianocalcata.it/2009/02/10/gilda-bocconi-e-la-mitica-fescennium-sparita-e-ritrovata-lantichita-ed-il-lignaggio-di-calcata-fra-storia-e-psicostoria-il-viaggio-dei-falisci-dall%E2%80%99indo-al-treja/)
Tra il 1966 e il 1972 vengono effettuati dalla British School di Roma importanti scavi archeologici nel bacino idrografico del Treja, soprattutto nella zona di Narce. Nel 1966 hanno inizio i trasferimenti degli abitanti dal centro storico al nuovo abitato. Nel 1980 con contributi regionali si provvede al restauro del tetto e della facciata della chiesa parrocchiale, nonché del tetto della sacrestia. Nel 1982 con la legge n. 43 della Regione Lazio viene istituito il Parco suburbano Valle del Treja. Nello stesso anno tutto il territorio di Calcata viene assoggettato al vincolo paesistico.
Il 25 novembre 1992 il Consiglio della Regione Lazio approva la legge per il “consolidamento – risanamento igienico-sanitario e riacquisizione della titolarità dell’abitato storico del Comune di Calcata” che viene pubblicata sul Bollettino Ufficiale il 1 febbraio 1993.
Sì… qualcosa manca… ma quel che manca, soprattutto inerentemente la storia del Circolo Vegetariano VV.TT. potete leggerlo su:
http://www.circolovegetarianocalcata.it/category/testimonianze-sul-circolo/
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