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“20 anni in attesa di giustizia”, diLuigino Scricciolo

Ottobre 01
02:00 2007

La concessione della libertà vigilata all’ex primula rossa delle Br, Barbara Balzerani, suscita ancora polemiche, 21 anni dopo il suo arresto, 28 anni dopo il rapimento Moro. Ma accanto alla generazione dei terroristi che hanno sparato uccidendo esistono anche le vittime della magistratura di quegli anni, innocenti imprigionati senza aver commesso alcun reato. Lo dimostra l’odissea giudiziaria di Luigino Scricciolo, terminata nel dicembre 2004. La notizia dell’assoluzione, per l’esattezza del proscioglimento in istruttoria, è passata inosservata, eppure Scricciolo, che a 33 anni era responsabile esteri della Uil di Giorgio Benvenuto, rappresentante nella Ces e nella Cisl Internazionale, venne arrestato il 4 febbraio 1982 con accuse pesantissime: attentato alle istituzioni, terrorismo, concorso esterno nel rapimento del generale statunitense Dozier. Il ritratto del nemico pubblico numero uno, tracciato negli anni in cui i commentatori ipotizzavano l’esistenza di un “Grande Vecchio” che dall’interno del sindacato confederale desse istruzioni ai pivelli brigatisti. Ma nel sindacato come in Democrazia Proletaria, dove ha militato, tutti conoscevano l’avversione di Scricciolo per il terrorismo: li chiamava “stracciaceli e barabba”. 5 anni di detenzione, un tentativo di suicidio, uno sciopero della fame che lo porta da 97 chili a 46, il divorzio dalla moglie, la perdita del lavoro, una brillante carriera stroncata. Luigino Scricciolo ha dovuto lottare anche dentro l’Inps dove, nonostante il proscioglimento in istruttoria (ovvero senza aver mai avuto un processo davanti a giudici di Corte d’Assise), hanno cercato prima di interrompere il rapporto di lavoro poi offenderlo con 10 giorni di sospensione. Tutte le pene sono state cancellate in sede civile. Scricciolo sostenne Charta 77, la dissidenza in Urss, fu il primo italiano a parlare al Comitato Nazionale di Solidarnosc, invitò Walesa in Italia, conobbe Neto, Palme, Otelo de Carvalho, Carrillo, Brandt e tanti leaders del Terzo Mondo come Fidel Castro. Per il suo caso i media, dopo averlo sottoposto ad una gogna mediatica incessante ed odiosa per due anni dopo l’arresto, non hanno sprecato un rigo: le buone notizie non sono interessanti. Anzi pochi giornali hanno preso atto della sua innocenza, le sue campagne contro il terrorismo assassino di ieri e di oggi, contro il terrorismo arabo-islamico. Per far conoscere la sua storia, ha scelto di raccontare la sua esperienza nel diario “20 anni in attesa di giustizia”, edito da Memori, da qualche mese in libreria.

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