LA VIA APPIA ANTICA E IL GRAND TOUR TRA ROMA E I COLLI ALBANI.
Si è tenuto venerdì 7 e sabato 8 giugno 2019, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 18.00, presso La Sala Maestra del Palazzo Chigi di Ariccia, il convegno denominato “La Via Antica e il Grand Tour tra Roma e i Colli Albani”. Hanno partecipato all’evento il Comune di Ariccia, il MiBAC (Ministero per i beni e le attività culturali), il Comune di Lanuvio, il Museo civico Lanuvio, la Trentennale Palazzo Chigi in Ariccia 1989-2019 e l’Archeoclub aricino nemorense ASP e organizzato in quattro sezioni tematiche così suddivise: “VEDUTE E STORIE DI VEDUTE” (I Sezione), “I SEGNI DEL TERRITORIO: UN PAESAGGIO VIVO TRA CONSERVAZIONE E TRASFORMAZIONE” (II Sezione), “VIVERE SULLA VIA APPIA: VENTIQUATTRO SECOLI DI STORIA E ARCHEOLOGIA” (III Sezione), “I VIAGGIATORI CHE FECERO L’IMPRESA: TRA NOTE DI PASSAGGIO E ASPETTATIVE DI SCOPERTA” (IV Sezione). Il convegno per individuare la dimensione culturale, paesaggistica e di valorizzazione dei luoghi dove “la collaborazione, il gioco di squadra tra più partecipanti implica un’azione di tutela delle ricchezze dei beni culturali” il cui il fine è la fruizione da parte del cittadino. E’ stata data una concezione della cultura unica e non plurale perché è un “unico fenomeno” e le opere d’arte vanno tutelate dal punto di vista storico, culturale e dall’illegalità. Il percorso degli artisti come “ricerca antropica” dove questi viaggiatori affrontavano un viaggio non sempre agevole per arricchirsi di tutto ciò che l’antico della penisola italiana offriva loro e gli incidenti, attese, incontri con i briganti erano “messe in conto”. Riportavano in Patria impressioni, disegni, opere letterarie… descrivendo luoghi, costumi, tradizioni… In generale, oltre agli artisti, anche esponenti della nobiltà hanno affrontato il “viaggio formativo” dove spesso il magnate europeo si collegava a un personaggio del posto per porre in essere delle società. Un accento è stato posto su di un’altra figura: il viaggiatore di scoperta, ossia l’erudito che affrontava il viaggio per scoprire “quei siti non battuti dai viaggiatori del Grand Tour”. Nato come viaggio di formazione delle elìte europee, nel 1670 Richard Lassels nella guida “The voyage of Italy”, indica per primo con la parola Grand Tour “il giro di Francia, Germania, Austria, Svizzera e Italia che rappresenta il culmine e lo scopo di tutto il viaggio”. Gli artisti che lo percorsero fissarono ricordi, impressioni, schizzi, disegni, romanzi, studi di arte antica, commercio di opere d’arte, semplicemente vacanza… che fornirono una descrizione dei luoghi oggetto del Grand Tour. Messa in luce la distinzione tra viaggiatori del Grand Tour e viaggiatori di scoperta: questi ultimi si occuparono di dimostrazioni del monumento antico e sottolinearono l’importanza delle immagini rispetto al testo, deviarono dal percorso “classico” del Grand Tour. Infatti, Marianna Dionigi in “Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate da re Saturno” del 1809, fa riferimento a Ferentino, valorizzando i “centri minori” e studiando le mura poligonali preromane per scoprirne l’origine. Comunque diversi viaggiatori del Grand Tour hanno deviato dal percorso classico, illustrando città minori e spingendosi “internamente” come ad Alatri, Segni, Arpino… anche se il “cuore” del Grand Tour era l’Europa centrale dove il viaggio nel territorio romano e castellano inizia con i pellegrini, nel periodo tra ‘500 e ‘600 è aristocratico e dopo il ‘600 aperto al mondo borghese. Gli effetti del Grand Tour furono la stimolazione di collezioni, l’apertura delle “camere delle meraviglie” e in seguito dei primi musei pubblici, locande, mercati di beni d’arte, delle espoliazioni ma anche delle prime leggi a tutela dei beni stessi. Citata la definizione che del Grand Tour fornisce l’enciclopedia on line Treccani: “Giro delle principali città e zone d’interesse artistico e culturale europee, considerato, nei sec. 18° e 19°, parte essenziale dell’educazione di giovani di buona famiglia. Originariamente effettuato dai giovani dell’aristocrazia britannica, sin dal 17° sec., si estese poi anche ai giovani di altri paesi europei. Meta fondamentale del viaggio era l’Italia, con le sue città d’arte, e specie Roma, con i suoi resti archeologici e le sue collezioni d’arte e antiquariato. Al g. è legata l’attività di artisti, italiani e stranieri, come guide o intermediari per acquisto di opere e oggetti d’arte, e soprattutto per l’esecuzione di ritratti o di vedute e paesaggi italiani.” Vincente per la promozione culturale del territorio è emersa la rete, -spesso ciò che è stato trascurato fu valorizzato proprio dai “turisti del Grand Tour”- dove il monumento privo della tutela del paesaggio implica perdita del contesto in cui è inserito. Cercare quindi di valorizzare anche il paesaggio, il rapporto tra architettura e paesaggio, l’atmosfera, e tutelarlo come interesse pubblico. Importante è emersa essere anche l’attività di sensibilizzazione al territorio culturale tramite l’insegnamento, le mostre, le visite dei siti, ecc., per un’educazione che parta dalle scuole inferiori. La creazione di un Tour culturale castellano visto come opportunità potenziando il coordinamento e la semplicità di fruizione per la realizzazione di un “progetto turistico”. Certo, il paesaggio non può essere cristallizzato poiché è soggetto a trasformazioni che però debbono andare per il meglio nella tutela e valorizzazione dove la tutela architettonica e paesaggistica è inscindibile. Proprio questo tipo di scenario fu descritto da viaggiatori, pittori, poeti stranieri composto “dal monumento e dal suo contesto”. E’ emersa un’attenzione alla speculazione edilizia con la presentazione di alcune Ville o Dimore storiche svilite nel tempo da altre costruzioni dove per alcune di esse la memoria è stata cancellata. In alcuni casi pertanto il rapporto tra Villa e lotto non è stato rispettato deturpando l’immagine d’insieme. Pertanto il complesso monumentale deve dialogare con il Parco ma anche con il Centro storico, ossia l’architettura minore, creando il sistema di relazioni per una tutela e conservazione del contesto monumentale, architettonico, archeologico, ambientale del territorio dove le modifiche, le trasformazioni “non devono minare il contesto stesso”. La tomba di Cecilia Metella, tratti della Via Appia, il Monumento detto degli Orazi e Curiazi, l’Emissario del lago di Nemi –consultati in uno studio gli scalpellini di Alfedena per capire la tecnica di realizzazione- come esempi di conservazione e valorizzazione e che devono essere accessibili e tutelati con tutte le opportune necessità, ossia manutenzione, controllo e educazione culturale in un “circolo virtuoso” di valorizzare del Grand Tour come valorizzazione del territorio e del turismo in un rapporto pubblico/privato. Pertanto la tutela del paesaggio come una tutela totale comprensiva di siti, archeologia, monumenti… Un accenno al Piano Paesaggistico Territoriale e l’applicazione della tutela tramite i Vincoli Paesaggistici per tutelare il paesaggio.
La via Appia in Valle Ariccia “come prima stazione dell’Appia per chi proveniva da Roma”, dove sono presenti vestigia sepolte -un’eccellenza è il celebre viadotto del II sec. a.C. di 230 metri di lunghezza e 13 metri di altezza- ed emergono paesaggi diversi: archeologici, naturali, architettonici e le varie ville gentilizie “riprodotte o studiate nei manuali di architettura”.
Terminata la prima sezione, presso Palazzo Chigi sono stati mostrati i recuperi apportati dalla Guardia di Finanza comprendenti frammenti di statue, una statuetta di Ercole quasi completa, una mano di statua di altezza di circa tre metri, un frammento di mosaico…
Al termine della terza sezione di sabato è stata visitata la Locanda Martorelli e presentati gli interventi di restauro del ciclo pittorico in stile neoclassico del pittore settecentesco di origine polacca Taddeus Kuntze inerenti “la storia e la mitologia dell’antica Aricia” e gli stucchi dorati. Il museo, oltre agli affreschi in stile neoclassico in tempere murarie e dipinti su tela della “sala Kuntze” commissionati dallo Stazi tra il 1770 1771, presenta una “riproduzione della carta archeologica dell’Appia Antica di Luigi Canina” e un percorso che “narra la storia della città dalla fondazione sino al periodo del Grand Tour, con gli illustri frequentatori della locanda mostrati attraverso una serie di ritratti.” La locanda, precedentemente Casino Stazi nel ‘700, nel 1819 assunse tale nome a seguito del nuovo acquirente che la adibì a locanda, tappa del Grand Tour d’Italie. Nel 1988 il piano nobile fu acquistato dal Comune di Ariccia.
Dopo gli interventi, sia mattutini che pomeridiani, è emersa una discussione sugli argomenti trattati. “C’era una volta tutto ciò che c’era.”
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Giugno 16
10:30
2019
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