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Arte e territorio: risponde Francesco Petrucci, Conservatore di Palazzo Chigi di Ariccia

Arte e territorio: risponde Francesco Petrucci, Conservatore di Palazzo Chigi di Ariccia
Maggio 27
16:38 2019

Arte e territorio: una questione in contro luce. Qui di seguito pubblichiamo le risposte ad alcune domande poste all’architetto Petrucci.

D. Architetto Petrucci, lei è storico dell’arte, docente presso l’università Auburn University (Alabama, USA), direttore della rivista “Castelli Romani”, direttore del Museo del Barocco e Conservatore del Palazzo Chigi ad Ariccia, ha all’attivo diverse pubblicazioni, mostre e orienta le sue ricerche scientifiche nell’ambito del Barocco romano (XVII-XVIII sec.). Nella nostra zona, ossia i Castelli Romani, l’arte del Barocco è degnamente rappresentata? Quali sono i suoi canoni?

R. Il Barocco, tra urbanistica, architettura, pittura, scultura e arti decorative, è sicuramente l’espressione artistica prevalente nel territorio dei Castelli Romani, ad un livello qualitativo paritario rispetto alla capitale, perché qui erano presenti gli stessi committenti e attivi i medesimi artisti. Pensiamo all’importanza di monumenti insigni come Villa Aldobrandini a Frascati, il complesso di Mondragone, il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, l’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata, Palazzo Sforza Cesarini a Genzano, Palazzo Ruspoli a Nemi o le numerose chiese progettate da famosi architetti. Il Barocco, tra XVII e XVIII secolo, è l’arte della comunicazione, che utilizza il dominio della tecnica, gli strumenti espressivi della scenografia e del teatro, per divenire il più efficace strumento persuasivo del Cattolicesimo e delle classi dominanti. Un linguaggio che persegue, secondo il canone estetico berniniano del “bel composto” o “maraviglioso composto”, l’unità delle arti a fini simbolici e comunicativi. L’obiettivo è parlare alle masse con un linguaggio semplice e diretto, che susciti meraviglia e forte impressione, quello cioè della comunicazione attraverso le immagini. In tal senso, nell’assoluta libertà espressiva, è stata colta dalla critica la sua modernità, quale prima forma di vera e propria civiltà dell’immagine.

D. Che cosa può dirci della ricerca che è effettuata delle opere d’arte trafugate dal suo punto di vista, ossia da storico dell’arte?

R. Il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, che costituisce una delle istituzioni pubbliche più efficienti e professionali nel nostro paese, ha prodotto un enorme database sulle opere d’arte trafugate, costantemente aggiornato e arricchito di immagini. Questo ha consentito importanti recuperi, con opere provenienti dal mercato artistico nazionale e internazionale. Fondamentale è comunque la catalogazione dei nostri beni culturali, portata avanti dalle soprintendenze, dalle università e dagli studiosi attraverso schedature, fotografie e pubblicazioni, senza cui non sarebbe possibile alcun recupero…

D. Di recente è stato riconsegnato il dipinto del ‘600 raffigurante il ritratto di Marta Ghezzi Baldinotti, trafugato trentadue anni fa da Palazzo Chigi di Ariccia e ritrovato recentemente a Palermo. Il suo autore è un pittore fiammingo. Di quale stile pittorico parliamo? E’ diffuso nella nostra zona?

R. Il ritratto di Marta Ghezzi Baldinotti, recuperato dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Palermo nel 2018 e riconsegnato a Palazzo Chigi con cerimonia del 10 aprile, è opera del ritrattista fiammingo Jacob Ferdinand Voet. Si tratta di uno dei massimi esponenti della ritrattistica barocca, attivo tra Roma, Torino e Parigi nella seconda metà del XVII secolo. Nelle dimore storiche dei Castelli Romani nel XVII-XVIII secolo c’erano sicuramente suoi ritratti, oggi presenti prevalentemente in palazzi e musei romani, dopo l’abbandono di tali residenze di campagna da parte dell’aristocrazia nel secolo scorso. Il Palazzo Chigi di Ariccia conserva un cospicuo gruppo di opere di sua mano, compresa la famosa “galleria delle belle”.

D. Anche a Monte Compatri nel 1975 dal convento di San Silvestro è avvenuto il trafugamento del dipinto Gesù adolescente e San Giuseppe che lavora d’ascia, opera del fiammingo Gerard van Honthorst noto in Italia come “Gherardo delle notti”. Un altro fiammingo. Chi è quest’artista? E’ presente nei Castelli Romani?

R. Gerrit van Hontorst detto “Gherardo delle notti” è stato uno dei più originali pittori caravaggeschi del suo tempo, attivo a Roma per circa un decennio, dal 1610 circa fino al 1620, quando tornò ad Utrecht, ove il suo stile ebbe un’evoluzione in chiave barocca. Purtroppo il quadro di Monte Compatri, come la celebre Natività di Caravaggio trafugata a Palermo nel 1969, non è stato mai ritrovato. Nei Castelli Romani tuttavia è presente il suo capolavoro, come riteneva il grande storico dell’arte Roberto Longhi e ha ribadito Gianni Papi, autore di un volume e una mostra sulla fase romana dell’artista. Mi riferisco alla stupefacente pala della Chiesa dei Cappuccini ad Albano Laziale, raffigurante Madonna in gloria con i santi Francesco, Bonaventura e Flaminia Colonna Gonzaga, firmata e datata “Gerardus Honthost Flander Fecit 1618”. Un’opera che è una sontuosa mediazione tra Tiziano, nell’atmosfera crepuscolare e nell’inserto paesaggistico, e Caravaggio, nel vivo naturalismo. A differenze di Papi, che l’attribuisce a Spadarino, ritengo che anche nella pala della Madonna col Bambino, tra i santi Sebastiano e Rocco della chiesa di San Pietro, sempre ad Albano, benché in condizioni conservative non eccelse, sia riconoscibile la sua mano.

D. Di recente il giornalista del Corriere della Sera, Fabrizio Peronaci, si è interessato della questione. Ha presentato il libro “La tentazione” nel 2017 a Monte Compatri che ricostruisce le vicende del trafugamento del “Gherardo” dal convento di San Silvestro. In seguito è stata aperta un’inchiesta da parte dei carabinieri del nucleo Tutela patrimonio culturale. Il suo recupero potrebbe valorizzare il nostro territorio? L’arte in generale quanto incide sulla valorizzazione di un territorio?

R. Il Convento carmelitano di San Silvestro a Montecompatri conserva una pregevole pinacoteca, ben studiata e riscoperta nel 1990 da Almamaria Mignosi Tantillo, con opere di Gian Domenico Cerrini, Bartolomeo Manfredi e soprattutto un notevole nucleo di tele del pittore carmelitano Lucas de la Haye detto “Luca fiammingo”, quasi un suo museo personale. Certamente il recupero del Gherardo delle Notti potrebbe fornire un’importante attrazione verso il complesso, molto suggestivo anche per la meravigliosa posizione panoramica. La presenza di un notevole patrimonio culturale e paesaggistico tra i Colli Albani e Tuscolani, se le ville fossero tutte aperte al pubblico, le chiese attrezzate anche a fini di fruizione turistica, i beni archeologici adeguatamente valorizzati, i centri storici restaurati e tutti i beni fossero messi in rete, avrebbe risvolti rilevanti per l’economia del territorio. Anche se negli ultimi anni ci sono stati notevoli progressi rispetto all’immobilismo dei decenni precedenti, quando i Castelli Romani sono stati visti solo come fonte di speculazione edilizia, devastando ampie zone di quello che era considerato da artisti, poeti e letterati uno degli ambiti paesistici più belli al mondo, ancora molto rimane da fare.

D. A proposito di recupero, dal 3 maggio al 15 settembre 2019 Palazzo Chigi di Ariccia ospita la mostra “Donazioni, recuperi e restauri. Palazzo Chigi in Ariccia: 2009-2019.” La tematica è una costante nell’arte? Grazie.

R. Quest’anno ricorrono le celebrazioni per i trent’anni trascorsi dalla pubblica acquisizione del Palazzo Chigi, con i suoi arredi e il vasto parco, che fu ceduto a condizioni di favore dal principe Agostino Chigi Albani al Comune di Ariccia allo scorcio del 1988, con un finanziamento dell’ex Cassa del Mezzogiorno (Agensud). Numerose donazioni e restauri hanno potenziato le raccolte, dopo quelle storiche di interi gruppi collezionistici avvenute nel primo decennio di apertura del museo, tra il 2000 e il 2008 circa, a conclusione del completamento dei lavori di ristrutturazione dell’immobile con il Grande Giubileo del 2000. Ricordo le prestigiose collezioni Fagiolo, Lemme, Ferrari e Laschena. Tra i donatori più recenti spicca Ferdinando Peretti, collezionista e celebre mercante d’arte di levatura internazionale, già socio con Jacob Rothschild negli anni ’70 della prestigiosa Colnaghi Gallery – la più antica galleria antiquaria del mondo -, direttore e fondatore della Walpole Gallery di Londra. Tra i benemeriti mecenati degli ultimi anni vanno citati: Robert V. N. Berg, Antonio Canestro, Franco Di Castro, Raniero Gnoli, Luciano Grimaldi, Alberto Laudi, Duccio K. Marignoli, Franco Scapellato ed anche vari eredi Chigi, tra cui Fabiola, Francesca e Gianluigi Bisleti, Ludovico Maraini. Questo credo possa testimoniare che se si lavora con impegno e costanza i risultati vengono, con ricadute non indifferenti anche sull’economia locale (fraschette, bar, ristoranti, esercizi commerciali, etc.). Tuttavia da soli possiamo arrivare fino ad un certo punto. Sicuramente la costituzione di una rete di dimore storiche aperte al pubblico, cioè i cosiddetti “Castelli Romani”, tipo i Castelli della Loira o le dimore inglesi del National Trust, consentirebbe di raggiungere risultati ben più ragguardevoli.

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